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Navigare necesse est, l’eredità spirituale di Franco Nacci

Nicola Pice
Il mare tanto amato da Franco Nacci
Il professor Nicola Pice, grande amico del medico scomparso due giorni fa, ne traccia un ricordo per BitontoLive
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Un esuberante e generoso, amico schietto e sincero, dal sorriso pronto e dalla mano sempre tesa alla stretta capace di darti quell'energia positiva che lo contrassegnava, in fondo un puro di cuore dalla spiccata umanità: era questo Franco Nacci.

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Con lui se n'è andato un pezzo di storia di questa nostra città: lui, il capogruppo della Dc, il direttore sanitario dell'Ospedale civile, l'amico del vescovo Marena, l'animatore di tante avventure sportive, l'ideatore di strutture sportive, il combattente di tante avventure con lo spirito risorgimentale nell'animo, l'attenzione per i poveri cristi.

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Ma con lui è andato via anche un pezzo di umanità di questa città. Franco era dotato di un ritmo interiore picaresco e avventuroso che lo portava a solcare i mari con la sua bella divisa di bordo. Sì, perché in fondo per lui la vita è stata un incessante cammino, un necessario navigare: non mi ha sorpreso vedere sulla sua bara un cuscino di fiori con la scritta "Navigare necesse est". In fondo era un sentirsi cittadino del mondo. Anche se poi alla fin fine non riusciva a staccarsi dal suo luogo natio, perché quel luogo era stato soprattutto il luogo della sua fanciullezza e della sua giovinezza. Era il luogo della sua memoria.

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Gli piaceva ritornare alle sue emozioni, le contemplava e le ricercava. E le faceva sentire vive agli altri come vive erano nella sua mente. La dolcezza e la leggerezza del rimembrare le cose passate erano per lui la maniera per superare la pesantezza, l'inerzia e l'opacità dell'agire umano indistinto e talora perfido. Tornava spesso a ricordarmi quel che per lui era stata Porta Robustina con le cinque croci, lì dove aveva trascorso i suoi anni giovanili in mezzo alle fucine dei vari artigiani, tra le voci concitate e i canti del lavoro, tra il crepitio delle fascine che bruciavano, la barriera del dazio e la fontana pubblica circolare, dove a mezzogiorno si abbeveravano i cavalli.

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Tornava spesso a ricordarmi la vicina aia di mio nonno paterno, che lui chiamava sempre affettuosamente 'mba Colett, e mi parlava delle ore pomeridiane trascorse da lui in quell'aia a vedere raccogliere covoni sparpagliati al centro dello spiazzo, con la mula incappucciata che, girando intorno, macerava paglia e spighe con gli zoccoli ricoperti di tela per non frantumare il grano. E poi il lancio del macerato in aria da parte di due contadini con la schiena sottovento, di qua i chicchi, di là le pagliuzze spinte dalla brezza del vento. Gli brillavano gli occhi quando raccontava quel quadro fantasmagorico. Un paradigma di quella leggerezza che la vivacità e la mobilità della sua intelligenza gli assicuravano. Con nell'animo sempre quel senso di bell'attesa e bella speranza che gli venivano proprio dalla cultura contadina, che, se pur medico di professione, sentiva sempre viva in sé e lo portava spesso ad usare con tutti l'espressione "Spram'a Ccriste ca vè tutte bbùne", una forma di incoraggiamento ad affrontare le più disparate situazioni di vita con quella serenità e con quella dolcezza che sono stati i suoi tratti essenziali.

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domenica 26 Marzo 2017

(modifica il 29 Giugno 2022, 0:02)

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fra diavolo
fra diavolo
7 anni fa

Egregio prof. Pice, ora vedremo cosa sarà capace di fare nei confronti di questo nobiluomo da lei tanto esaltato.

Michele
Michele
7 anni fa

Francesco nonché dr Nacci era è lo sarà per sempre un Gran Signore nella animo e nello spirito al contrario di coloro che sfoggiano false saccenterie e ricchezze utopiche. Parlare del dr Nacci riempie il mio cuore di gioia e di un grande onore per averlo conosciuto. Non credo che nella mi vita incontrerò uomini come il defunto Franco. Ciao dr Nacci. Michele Sicolo