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Carmela Palermo, dal dolore alla rinascita passando per un turbante

Fabiola Barile
Carmela Palermo
Nel 2015 le è stato diagnosticato un carcinoma. Da quel momento è partita la sua lotta "contro il male che nutre il male"
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Ci sono storie che vanno raccontate, soprattutto quelle di coraggio. E quella di Carmela Palermo lo è.

Il 19 maggio del 2015 Carmela aveva 36 anni. Le è stato diagnosticato un carcinoma alla mammella sinistra. Questa malattia, ancora oggi, è associata alla morte, ma quella che vogliamo raccontare è proprio la storia della rinascita di una donna che ha fatto di tutto per riconquistare la sua indipendenza, la sua forza, e appunto la sua vita, trionfando nel suo personalissimo duello con la malattia.


Cos’ha provato in quel terribile momento?

È stata una specie di fallimento, un crollo totale di tutta la mia vita, sono entrata in una gabbia.


Cosa è accaduto nei giorni seguenti?

Sono cominciate una serie di fasi. Il primo mese è stato tremendo perché i dottori, all’inizio, mi dicevano che avevo perso un pò di tempo e questo mi preoccupava. Ma poi dei medici eccellenti mi hanno detto che non lo avrei più perso, perché stavo cominciando a fare qualcosa per me stessa. Ho dovuto aspettare l’esito dell’esame istologico, per un pò di giorno. Quello è stato il mese più tremendo, in cui ansia e paura predominavano su tutto.


Quali pensieri affollavano la sua mente?

Pensavo di morire, e presto. Nella mia famiglia ci sono storie di parenti che non hanno nemmeno cominciato le cure, per cui quando mi hanno detto che non potevano operarmi ho subito pensato al peggio. Ho pensato fosse finita, ma non ho mai escluso la chemioterapia. Un team eccezionale mi ha seguita passo passo, e lo fa ancora. Il primo medico che mi visitò mi disse: «Carmela è la parentesi di un anno. Un anno della tua vita». E queste sue parole si sono concretizzate. Non mi sono mai sentita malata, quando la gente mi diceva che avrebbe pregato per me, mi sentivo strana.


Cosa la preoccupava di più?

Il fatto di non avere progetti nella testa. Mi dicevano che, soprattutto in quella condizione, era normale, ma per me non lo era affatto. Allora ho cominciato a progettare un po’ di cose come il mio locale nel centro storico e poi mi è piombato addosso il progetto dei turbanti.


In cosa consiste questo progetto?

La chiamata ai turbanti è stata molto naturale. Mi hanno spinto molto le altre ragazze che incrociavo nei corridoi dell’ospedale, che poi sono diventate mie carissime amiche, perché poi ho un gruppo che vede coinvolte ben 60 ragazze e donne. Siamo una famiglia parallela: ci confrontiamo, ci sosteniamo, ci lamentiamo, gioiamo di tanto in tanto. Forse solo noi possiamo capirci fino in fondo. Tornando ai turbanti… nascono appunto come una necessità. Inizialmente avevo comprato una parrucca perché mi avvertirono che il momento peggiore sarebbe stato quando avrei perso i capelli. Ma ogni volta che la indossavo mi sentivo fallita, persa. Cominciai quindi ad indossare dei foulard che mi stavano anche bene. La gente non si rendeva conto del motivo per cui li indossavo, soprattutto perché mi conoscevano come una persona sempre attenta alle mode. E invece nascondevo, nascondevo tutto. Il turbante mi ha salvato un sacco di situazioni. Poi un giorno incontrai in ospedale una ragazza senza capelli, senza sopracciglia, senza un filo di trucco, ho in mente ancora quella scena e tra me dissi: “Diventerò brutta”. Non che lei lo fosse, ma questa malattia l’aveva cambiata e avrebbe cambiato anche me. Dovevo reagire. Mia madre mi ha insegnato che dovevo prendermi cura di me e che ogni mattina dovevo mettermi del rossetto rosso.


A cosa si è appigliata in quel periodo buio? Chi l’ha aiutata?

La famiglia, i miei fratelli, mia madre. Le persone a me vicine, il mio sangue. Ma anche il mio compagno, il mio team di lavoro. Loro più di tutti, insieme allo staff dell’ospedale. Ma più di tutti a salvarmi è stata mia madre. Una madre darebbe la sua vita per salvare quella di un figlio; non posso capire bene il sentimento, ma posso immaginare quanto dolore ha provato lei.
nQuindi ho capito che avevo la forza per cambiare questa situazione, inconsapevolmente, nel senso che sono andata avanti senza mai voltarmi. Col senno di poi mi sono chiesta come abbia fatto. Mi ha aiutata anche la religione. Non sono mai stata una credente accanita, però molte persone mi hanno aiutata ad avvicinarmi alla Chiesa e ho acquistato una sensibilità diversa. La preghiera è come la meditazione, mi fa sentire bene.


Se la sente di dare un consiglio a chi si trova nella situazione che ha dovuto affrontare lei?
L’essenziale è non abbandonarsi ai pensieri cattivi. Il male si nutre di male. Ed io ho fatto proprio questo: non gli ho più dato confidenza, non gli ho più concesso i miei pensieri, le mie lacrime, il mio stress, le mie preoccupazioni. Nello stesso tempo pensavo che ogni giorno era prezioso. Oggi sto riacquistando un pò la visione lunga della vita però in quel momento pensavo ad ogni giorno, perché poteva essere l’ultimo. Adesso sono tornata positiva e penso di essere salva, nella mia anima. È con la forza di volontà, insieme al coraggio e soprattutto insieme all’amore che si arriva a tutto questo. Se non hai l’amore non ce la fai. Sono i tuoi affetti che ti trascinano fuori dal tunnel. L’amore salva, è proprio vero. Poi credo fermamente una cosa: questo male è venuto per salvarmi dalla mia precedente vita, perché facevo una vita infernale e non avevo più sentimenti, pensavo solo al mio lavoro. La mia piramide delle priorità, poi, da un giorno all’altro si è ribaltata. Mi sono pizzata al primo posto e da quel momento ho ricominciato a rinascere, a salvarmi.

Adesso Carmela è impegnata in numerose attività di volontariato che si concretizzano in progetti per sostenere le donne colpite da tumore. «La donna in rinascita è qualcosa di meraviglioso, perché rinasce con una consapevolezza diversa» tiene a precisare. È spesso al fianco delle pazienti oncologiche grazie anche all’associazione “Uì Together”. «In più le dottoresse dell’associazione danno il mio numero alla pazienti perché possano trovare in me un esempio» racconta.
nAssieme a Dominga, makeup artist, gestisce anche un negozio online dov’è possibile acquistare sia i suoi turbanti che cosmetici naturali a prezzi scontati per le pazienti oncologiche.

Lo scorso marzo, inoltre, le è stata conferita l’onorificenza “Donna di Puglia 2017” insieme ad altre quattordici donne. «È stato molto emozionante e soprattutto mi hanno premiata per la forza e il coraggio, come esempio di positività. Quel giorno non avevo preparato nessun discorso come le altre, ero preoccupatissima. Ma in quel momento ho detto che ricevere un premio per essere se stessi è un onore e questo essere me stessa lo devo ad una donna meravigliosa, la mia mamma. Un fantastico premio alle donne, dalle donne» racconta.

I suoi turbanti, tutti diversi, coloratissimi, di seta, afro, indiani, di ciniglia e di tessuti provenienti anche dalla Francia coprono ormai i capi di tutte le donne, perché sono il frutto meraviglioso di un dolore divenuto vita e colore. Sono il frutto di Carmela che vola verso la sua nuova vita.

lunedì 29 Maggio 2017

(modifica il 28 Giugno 2022, 23:32)

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licia brivitello
licia brivitello
6 anni fa

come posso trovare il negozio online ? grazie

fra diavolo
fra diavolo
6 anni fa

Carmè, si grann… oltre a tua madre Grazia sarebbe stato fiero anche il tuo papà Poldino, grande amico.

Mister Brown
Mister Brown
6 anni fa

Grande…complimenti…

luigi.noviello
luigi.noviello
6 anni fa

Forza e coraggio di vivere e continuare la via del Volontariato.