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Zia Caterina, il tornado colorato che ha aiutato una famiglia bitontina

Tommaso Cataldi
Zia Caterina
Col suo taxi speciale, fa divertire i piccoli pazienti dell'ospedale Meyer di Firenze. Dove ha incontrato anche un bimbo bitontino
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Tutto sembra ovvio, scontato, pare andare nel verso giusto, come quando si è ad una festa, entusiasti e felici di parteciparvi e farne parte. Ma all’improvviso si viene chiamati in una stanza a parte. Il brusio provocato dal caos, dalla musica si ode ancora, in sottofondo, ma una persona interrompe quella gioia e ti dice che la festa è finita, che bisogna andare perché ora ci sono nuove priorità.

Immaginate una famiglia – papà, mamma e due figli piccoli – che si ritrovano a vivere questa situazione. Non è un film ma una storia vera, come purtroppo accadono ogni giorno, in ogni parte del globo. Una storia capitata anche ad una famiglia bitontina.

La loro vita scorre tranquilla, abitudinaria, ma eccola, la festa – sempre lei – che finisce quando un apparentemente innocuo dolore alla testolina del loro figlio più piccolo scuote le loro anime. In loro subentra il panico, cercano di capire, di approfondire e presto arriva la risposta: un tumore. Una malattia così brutta che colpisce un bimbo di una manciata d’anni, ecco che per loro la festa non ha più senso d’esistere adesso.

Il piccolo pargolo viene subito portato all’ospedale Giovanni XXIII di Bari ma i medici non riescono a comprendere l’entità e le cause di quella situazione. Addirittura viene ipotizzata l’alga tossica come causa scatenante i conati di vomito, ormai frequenti nel bambino. I genitori però non ci stanno, non si arrendono, per loro la situazione appare critica da subito. I medici del nosocomio barese sembrano inermi e consigliano ai genitori di trasferire il piccolo all’ospedale pediatrico Meyer di Firenze, una struttura di alta specializzazione e centro di riferimento nazionale per l’elevata complessità pediatrica. Il papà non ci pensa due volte e in auto trasporta il pargoletto nel capoluogo toscano. Altro che alga tossica, è davvero un tumore. Qui iniziano subito le cure che, oltre a quelle tradizionali, si avvalgono di una figura alquanto particolare ma speciale: zia Caterina.

Zia Caterina, al secolo Caterina Bellandi, in Toscana è una vera e propria istituzione, al pari delle più rinomate star di Hollywood: non c’è persona o ragazzo che non la fermi per strada per chiederle un selfie. Zia Caterina è una taxista alquanto “colorata” che sosta spesso nel parcheggio dell’ospedale Meyer. Ai piccoli ospiti della struttura la accomuna il fatto che Caterina ha perso 17 anni fa il suo compagno, anch’egli a causa di male incurabile, che di mestiere faceva proprio taxista. Così Caterina, per amore e per risposta al dolore, decide di ereditare quel taxi e di trasformarlo in un’auto colorata e piena di fumetti, di disegni, di personaggi dei cartoni animati e della fantasia. Da semplice taxista, Caterina si trasforma quindi in poco tempo in una persona che non si arrende al dolore ma che condivide quella sua esperienza con gli altri, scendendo dal suo taxi “Milano 25” e mettendosi a disposizione degli altri e soprattutto dei bambini, di quei bambini ricoverati all’ospedale Meyer. Per lei, ogni desiderio è un ordine. Una pizza? Le giostre? L’acquario di Genova? Concerti? Eventi? Qualsiasi cosa le chieda un bambino, lei lo fa gratuitamente, di tasca propria. Una sorta di tornado colorato che si scatena ogni qualvolta passeggia, è amata persino dai medici del Meyer.

In quel “luogo di comfort”, così come lo chiama zia Caterina, accade qualcosa di magico. Basta invitare un bambino a far finta di guidare il taxi e la tristezza dei piccoli poco a poco svanisce, ridono, si divertono. Per loro, per i loro genitori, il taxi di zia Caterina è completamente gratuito, non c’è tassametro che tenga. E a Firenze, tra i bambini ricoverati al Meyer, zia Caterina incontra anche la nostra famiglia bitontina, molto giù di morale. Il loro dolore, seppur tra chemioterapie e radioterapie, si allevia al solo vedere che il loro piccolo è finalmente contento, gli è tornata la gioia negli occhi, che adesso irradiano raggi di sole.

Da qui nasce una bella amicizia che porta la nostra famiglia bitontina ad invitare zia Caterina alla prima Comunione del figlio maggiore. Zia Caterina, con i suoi abiti sì colorati ma in stile ottocentesco, con un portamento che ricorda le donzelle reali dell’epoca, si presenta come una forza della natura, preceduta dal tintinnio dei tanti campanellini e sonagli che porta attorno ai polsi, dispensando e regalando fischietti colorati ai molteplici bambini invitati al ricevimento.

Grazie a zia Caterina, tanti bambini combattono la malattia condividendo il dolore che li attanaglia e non nascondendolo. La tristezza non può vincere, la paura di morire non può primeggiare se, come zia Caterina, si fa ciò che piace regalando un sorriso a chi ne ha più bisogno.

La nostra famiglia bitontina la sua battaglia l’ha già vinta: oggi con il loro figlioletto si recano ogni quattro mesi a Firenze per sottoporlo a regolari visite di controllo. E sono i primi a sostenere la ricerca per la cura dei tumori, decidendo di destinare anche il ricavato delle bomboniere della prima Comunione del loro primogenito interamente alla ricerca.

martedì 15 Maggio 2018

(modifica il 28 Giugno 2022, 20:31)

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