Cultura

Rieditiamo quel libro sul caso del finanziere

Marino Pagano
La copertina del libro di Cristallo
Ne scrisse Angelo Cardone e ora ancora Michele Cristallo
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Una città, si sa, è tante cose. Belle e brutte. Bitonto fa eccezione. Nel senso che le belle sono bellissime e le brutte, magari poche, ma bruttissime. Lo sa la nostra cronaca, soprattutto.

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Così come tutti sanno delle estreme potenzialità dei tanti nostri lasciti passati di estrema bellezza. Personalmente, lo diciamo da tempo.

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Sì, siamo genio e sregolatezza, splendore e ritardi, fascino e vizi. Una piccola Napoli. Eccelliamo nel bene e così nel male.

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Hai una cattedrale invidiata e invidiabile? Sì, ma c’è la mafiosetta locale. Puoi contare sull’indubitabile afflato cinquecentesco dei celebri palazzi? Vero, ma occhio a camminare nel centro storico. La Galleria Nazionale? E dove lo metti il disimpegno dei tanti concittadini (e cittadini è già parola impegnativa per alcuni bitontini: residenti, toh)? Insomma: immensa ricchezza culturale, delusione civica.

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Ma occorre credere nella prima per poter sconfiggere adeguatamente la seconda. È proprio nelle nostre meraviglie che troveremo le risposte per una strada di autentica rinascita. Del resto, ci stiamo provando. Eludendo con convinzione i facili piagnistei, anche di molta stampa locale. Quella stampa per cui non c’è speranza e non cambieremo mai.

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La lunga premessa per presentarvi un lavoro recente di un giornalista barese con la passione per la storia: “In nome di Sua Maestà Vittorio Emanuele II”, edito da Adda. Michele Cristallo ne è l’autore. Sottotitolo: “Il Sud scippato dal Piemonte e altre storie”.

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Ma non è di Risorgimento che vogliamo parlarvi.

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Concentriamoci invece un attimo sulle “altre storie” al centro del volume di Cristallo. Ebbene, in una di queste c’è una storia accaduta a Bitonto nel 1893. Precisamente, il 10 dicembre di quell’anno. Il fatto, nefasto, è noto. Non torneremo più di tanto nei dettagli (cosa che invece fa molto bene Cristallo). Il periodo è pienamente mariano. La città tiene alle celebrazioni in onore della sua patrona. I facinorosi ci sono e c’erano.

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E così, un finanziere, più correttamente “impiegato dell’Ufficio Tecnico di Finanza”, di nome Federico Curci (o Curcio), forse solo un po’ troppo ligio al dovere e alle regole, fu fatto fuori dalla veemenza “popolare”, dopo convulse fasi di tumulti e azioni di folla.

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Motivo della rabbia il suo diniego a far partire l’accensione dei fuochi in onore della Vergine, previsti in un primo momento per l’8 dicembre, ma non più eseguiti per il maltempo e così posticipati al 10.

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Malgrado i tentativi del sindaco Pasquale Cioffrese, fu il finimondo: poche decine di violenti ebbero così decisamente, tragicamente la meglio sul malcapitato. I carabinieri, in più, sparano per intimorire la folla: Vincenzo Carbone (o Barone), contadino, padre di cinque figli, muore sul colpo. Il senatore Vincenzo Rogadeo arriva troppo tardi: il truce atto è compiuto e Bitonto assurge agli onori della cronaca per questo barbaro e inqualificabile omicidio.

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Era, quello, un periodo di forti bollori sociali: in ogni dove, soprattutto al Sud, impoverito anche dalle guerre coloniali di Crispi benedette da casa Savoia, fioccavano episodi simili e cinque anni dopo si sarebbe arrivati alla belluina repressione milanese ad opera di un generale bavoso sin dal nome. Dell’atto bitontino s’indignò persino Giosuè Carducci.

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Ora, però, una proposta.

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È noto ai cultori di storia locale come quel triste episodio sia stato poi il pretesto per un bellissimo romanzo storico, in verità molto intriso di sociale cronaca in aderenza ai fatti del tempo, a firma di Angelo Cardone, critico letterario e ricercatore, preside per anni nella stessa Spoleto dove alcuni dei condannati per il delitto del finanziere furono incarcerati. “Borgo Selvaggio” il titolo del libro, edito nel 1986 per i tipi di Edipuglia. Testo dal sapore “manzoniano” per Nicola Pice (che curò una successiva riedizione e raccolta di alcuni scritti del Cardone), il volume ebbe un importante riconoscimento al premio letterario “Nino Palumbo”.

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Angelo Cardone fu padre di Antonio, indimenticato giornalista di livello nazionale, cronista sportivo sulle pagine della Gazzetta dello Sport e sempre legato a Bitonto. 

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La nostra idea è questa: proporre a Edipuglia, purtroppo da poco orfana dell’ingegner Renzo Ceglie, padre della casa editrice, una riedizione del testo quanto prima. Non si tratta di un lavoro tipograficamente facile, lo sappiamo. Ma il libro, ormai letteralmente introvabile, merita.

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In accordo con la famiglia, a Bitonto non mancano teste pensanti e associazioni culturali che potrebbero farsi carico dell’eventuale impegno.

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Quel fatto non fu un bell’accadere, ma la verità storica impone di non celare mai nulla. Bene fece Cardone a far luce su quella fosca vicenda, bene faremmo noi postumi a ripubblicare quello scritto.

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“Borgo selvaggio” fu un’operazione interessante e lo spaccato sulla Bitonto dell’epoca completo e appassionante. 

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Qualcuno potrebbe storcere il naso, tanto più se ci si candida a Città italiana della Cultura. Sarebbe meglio offrire un volto sereno e solo gradevole.

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Peccato che la storia non la fermi nessuno e a Palermo mica ritireranno dagli scaffali i libri sulla mafia. Siamo sicuri che anche gli amministratori, qualora sensibili al tema, potranno dare un contributo in merito.

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Illusioni? Pie speranze? Può darsi, intanto pensiamoci.

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giovedì 16 Febbraio 2017

(modifica il 29 Giugno 2022, 0:20)

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