Cultura

Michele Del Vecchio canta e recita Gaber

Mariagrazia Lamonaca
Michele Del Vecchio
Intervista all'artista alla vigilia del suo recital al Traetta, dedicato all'indimenticato cantautore milanese
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Domani alle 20.30 al teatro comunale Tommaso Traetta andrà in scena “Caro Gaber, Michele canta l'amore!”, uno spettacolo di e con Michele Vittorio Del Vecchio. Filosofo, scrittore, poeta e musicista, Del Vecchio nasce a Mar del Plata (Argentina) da genitori italiani. Si laurea in filosofia all’Università degli Studi di Bari e collabora per anni come consulente filosofico con due studi legali. Si dedica anche all’allevamento di cani da pastore tedesco nella sua tenuta ad Andria, “Paso Doble”. Partecipa, vincendo anche numerosi premi, a concorsi internazionali di poesia come "Città di Vignola", "Massa città Fiabesca", "Città di Castellana Grotte", "Porta d’Oriente", "Le corti dei miracoli". Da poco ha debuttato con il suo nuovo spettacolo dedicato a Giorgio Gaber, uno tra i suoi autori preferiti.

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BitontoLive ha intervistato Del Vecchio alla vigilia del suo debutto al teatro Traetta.

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Come nasce la sua passione per Giorgio Gaber?

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«La mia passione per quello che anche Vasco chiama "il maestro", cioè Giorgio Gaber, nasce sui banchi della scuola media, quando con sei lineette riuscivo a scolpire il profilo di Gaber con quel suo naso particolare. Qualche anno dopo scoprii che la pensavo esattamente alla stessa maniera. Bisogna tener conto che già negli anni 70 lui diceva cose che valgono anche oggi…».

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L'ha conosciuto personalmente?

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«No, non l’ho conosciuto personalmente e non sento la mancanza di questa cosa. Gaber è una ideologia, non un artista o un musicista, o peggio un uomo. È un modo di essere, di pensare, di vivere».

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Qual è la sua canzone preferita di Gaber e perché?

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«Detto che è davvero difficile scegliere una e bocciarne altre, la mia canzone preferita è “Il conformista”, canzone abbastanza recente, piena di ironia, forza, cattiveria trasformata in satira da chi sa di saperlo fare, senza sconti al re o all’imperatore di turno, anzi! Le consiglio di ascoltarla e quando sentirà le parole “Il conformista è uno che di solito sta sempre dalla parte giusta, il conformista quando ha voglia di pensare pensa per sentito dire, quando sogna, sogna i sogni di altri sognatori!”, capirà che Gaber è immenso».

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Lei è scrittore, poeta, attore, cantante. Ma quale di queste attività ama di più?

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«Amo cantare. Da ragazzo volevo fare il cantante. Purtroppo nessuno ci credeva e nessuno mi seguiva e indirizzava i miei sogni nella giusta direzione. Ho fatto qualche concorso, all’epoca ce n’erano tanti, ma nulla più. Seguivo tutti i cantanti, all’epoca c’era il Cantagiro e quando faceva tappa a Bari, dove vivevo, ero sempre sui gradini degli alberghi in cui soggiornavano gli artisti per vederli, toccarli, parlare con loro. Poi gli studi in filosofia, la necessità di lavorare, perché studiavo e avevo già un figlio, hanno condizionato le mie scelte artistiche riponendole in un angolo dove poi mi sono rintanato, dopo aver “sistemato” i figli, essermi separato dalla moglie e aver rinchiuse le ulteriori delusioni d’amore in una bottiglia buttata nel mare».

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Le sue origini argentine hanno lasciato un segno nella sua vita e nella sua carriera artistica?

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«Credo di sì. L’Argentina è patria dell'amore, della passione amorosa, delle lacrime, delle risa, dei tradimenti, dei fuochi ardenti, dell’altoforno dell’amore. Mar del  Plata, detta “la perla dell’Atlantico” per la sua bellezza, dove sono nato, mi ha dato l’imprinting come “uomo d’amore” fin da bambino. E l’amore l’ho messo sempre al primo posto nella mia vita, nel bene e nel male. Ecco perché se scrivo, scrivo d’amore, se parlo, parlo d’amore, se sono con una donna, sono con lei solo perché la amo».

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Lei scrive anche poesie ispirate a fatti di cronaca, come ad esempio quella dedicata al disastro dei treni della Ferrotramviaria del 12 luglio scorso. Cos'è che la spinge a raccontare in poesia questi fatti tragici?

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«Raro che io scriva poesie su fatti tragici o reali di cronaca. L’ho fatto per i treni della Bari Nord per tanti motivi. Prima di tutto per rabbia. Rabbia verso chi ha commesso gli errori di far partire i treni, rabbia verso chi promette, si esibisce sul teatro della sventura sbandierando promesse di interventi risolutori immediati e poi non succede niente! Questa gente la odio! Ecco io sono un uomo estremo, nel bene e nel male, se amo, amo davvero, tanto se odio la stessa cosa! Poi devo dire che la Bari Nord ha un retroterra personale molto importante per me. Vivevo da giovane ad Andria e con la Bari Nord andavo al liceo a Bari tutti i santi giorni, alzandomi alle 5.30 per arrivare a scuola alle 8.15. Anche ultimamente ho spesso preso la Bari Nord per recarmi a Corato, sede di residenza del mio ultimo grande amore, ed anche lei spesso veniva ad Andria con lo stesso treno, visto che abito a due chilometri dalla stazione Barletta scalo. Quella storia il 12 luglio del 2016 era già abbondantemente conclusa, pur se non l’amore, ma entrambi abbiamo immaginato che quella tratta, quei treni, quei vagoni potessero essere i nostri».

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Tra le poesie o i racconti che ha scritto, qual è il suo preferito e perché?

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«A questa domanda rispondo di getto, senza esitazioni: amo alla follia il racconto “Marialidia e Marianne”. È tratto dal mio libro “Marialidia Bambina, tutta colpa di Dio o por Merito Suo!”, scritto per la bimba che ho perso, di nome, appunto, Marialidia. Questo racconto è nello spettacolo che andrà in scena domani, quindi sarà bellissimo ascoltarlo. Le consiglio di leggerlo prima, però! Potrebbe riascoltarlo cento volte ma le piacerebbe ancora. Poi letto dal padre scrittore…».

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Per alcuni suoi lavori ha anche scritto le musiche. Dunque è un artista universale. Ha fatto studi specifici o il suo talento musicale è interamente frutto di un lavoro da autodidatta?

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«Artista universale mi fa tremare i polsi e un po’ mi vien da sorridere. Aznavour, Gaber, Vasco, Sinatra, Villa, Beatles, Elvis. Ecco lasciamo a loro questo titolo, ma comunque ho studiato musica, suonato il violino e la chitarra. Ma mi sento più scrittore di parole».

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Se dovesse conquistare un amore con l'aiuto di una poesia o una canzone, anche scritti da lei, quale sceglierebbe?

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«Vorrei essere tanto sincero nel rispondere a questa domanda da raschiarmi l’anima. Credo di essere un uomo fortunato, spesso nella vita ho trasformato in oro tutto quello che toccavo, realizzando quasi tutti i sogni che avevo. Credo altresì di aver amato tanto, oltre il consentito, ma per errori di persona, per errori di Dio, per errori miei, e forse per la mia mancata attitudine a ricevere, sono stato amato poco, ricevendone in cambio ferite tali che se il mio corpo le portasse realmente addosso e non fossero impresse nell’anima non so che aspetto avrebbe. Valga una per tutte: avevo 17 anni, lei 14, ma volò in cielo per un incidente stradale prima di compiere 15 anni».

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Ma quanto conta l'arte nella sua vita? Riuscirebbe a vivere senza poesia o musica?

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«Diciamo che sono un esteta, fondamentalmente. Detto chiaro, non saprei innamorarmi di una donna brutta! Ah ah ah! Poverina! Quindi tutto il resto, i racconti, le poesie, le canzoni, tutto ruota intorno all’amore e alla bellezza. Non riuscirei a vivere senza amore! E quando non lo vivo, lo immagino, lo sogno, lo invento, lo scrivo e lo descrivo, e lo faccio così bene che quasi sembra vero. Ma serve una musa, una idea, un sorriso, una carezza e parte tutto. Poi decide lei che farsene delle storie che le ho costruito addosso, ma per vivere l’amore bisogna averlo nel dna, altrimenti sono catastrofi!».

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Dedichi ai lettori di BitontoLive uno dei suoi versi preferiti, tratti da una sua poesia.

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«Questa è dura, dura e terribile. Quasi ogni poesia mi ricorda una donna e dunque, mi ricordano piaghe. Vediamo… Ecco, ho trovato! Dunque, dedico questi versi recentissimi, ma prima spiego perché li amo: nella realtà ho trascorso la vigilia di Natale con mia figlia e il suo compagno a casa mia. Sapevo che loro per impegni professionali (lui medico, era di turno in ospedale), non sarebbero venuti per il 25; l’altro figlio era in Liguria, quindi sapevo che sarebbe stato un Natale nella massima solitudine per me e ciò mi angosciava parecchio. Fortuna volle, invece, che durante il giorno di Natale, con una amica meravigliosa, abbiamo passato il tempo a scriverci, cavolate e cose serie, per quasi tutto il giorno, tanto che conclusi dicendole: “è stato come se avessimo passato il Natale insieme!”. Lei confermò e fui davvero felice. Se si aggiunge che questa persona nella realtà è davvero una donna splendida, è facile capire perché è stato semplice scrivere questi versi ispirati e dedicati a lei: “Ho passato il Natale nei tuoi capelli / Il colore del grano a Natale / fa un effetto speciale”».

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lunedì 13 Marzo 2017

(modifica il 29 Giugno 2022, 0:08)

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