Il nostro "fardello"

Dai Vacca al Caffarelli, quegli insospettabili legami tra Bitonto e Napoli

Marino Pagano
Roberto Vacca
Una certa "sregolatezza elevata a sistema massimo" accomuna la nostra città al capoluogo campano
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La sensazione di una bellezza e di una follia. Poi anche di una sregolatezza elevata a sistema massimo. Napoli e Bitonto. Chi l'avrebbe mai detto. E invece, a ben pensarci, tante le accomunanti metafore tra le due realtà. Un genio senza fine, in tutto esercitato: arte, storia, tutela del bello, espressività e creatività. Un estro che purtroppo si riflette negativamente in quello che definiamo "male". Cambia la direzione, eppure la profusione di slanci appare la medesima. Insomma, per farla breve: si eccede e si primeggia nel bene e così nel male. Bitonto e Napoli come comunità dissolventi l'ovvio.

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Trovi poi pure improvvisi legami, fili inattesi che ci spingono a stilare queste righe. Due le curiosità. La prima è stata grande. Arriva in città, nelle settimane scorse, il grande e famoso divulgatore di scienza Roberto Vacca e già qualche lampadina si mette in moto. Vacca, cognome nostro. Pensate provincialotte, ti dici liquidandoti. Il solito che vede Bitonto dappertutto. Un po' come quando leggi Dario Bellezza e cerchi di capire se può in qualche maniera riguardarci (Tanino Avena ne è convinto), idem dicasi per lo scrittore di fama e regista Vittorio Schiraldi. Mentre Nicola Vacca, poeta ora in Campania e legato a Gioia del Colle, vincitore di diversi premi letterari, ha vere origini bitontine (nonno trasferito a Gioia). Ne parleremo. Parleremo anche di Paola Ricci, nostrana di origine, artista che però orgogliosamente sfugge ad ogni inquadratura territoriale, continuamente volta alla sperimentazione degli stili e degli spazi.

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Roberto Vacca, ad esempio, non sapeva delle sue ormai più che probabili origini (anche) bitontine. Grande sorpresa. Sua e nostra. Non solo provincialismo, ci avevamo visto giusto. Già durante l'incontro pubblico cita la battaglia di Lissa del 1866, la cita ancora a tavola, in più ribadendo di avere un suo avo diretto allora impegnato in guerra. Caspiterina, ci diciamo tra noi. Chiediamo: sarà mica l'ammiraglio Giovanni Vacca? Alla risposta affermativa, sobbalziamo. Ma è bitontino il Vacca! Quantomeno, figlio di bitontino. E spieghiamo al professore della strada importante a lui consacrata e dell'altra (per errore via "ministri Vacca") dedicata al fratello di Giovanni, Giuseppe (1810-1876), fiero antiborbonico, capo al dicastero di Grazia e Giustizia con Alfonso La Marmora (unico bitontino ad assurgere al ruolo, con Italo Giulio Caiati, un secolo dopo). Giovanni invece fu un pochino più disinvolto: per lui il passo dalla Real Marina borbonica alla Regia savoiarda fu solo una formalità. Bastò l'Unità. Fu poi deputato, morì nel 1879.

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Ma cosa c'entra Napoli? Nel capoluogo partenopeo i due ottocenteschi uomini delle istituzioni risultano nati e anche Roberto Vacca a Napoli li legava biograficamente. Ma sono di padre nato da noi. Così almeno ha riportato gran parte della nostra storiografia (da Giuseppe Pastoressa ai lavori di Antonio Castellano). Torneremo ad approfondire l'interessante faccenda. Al momento, questo non vuol essere e non è un pezzo di storia vera e propria. Ma farà certo piacere agli organizzatori del premio intitolato a Vitale Giordano e a tutta l'omonima accademia, grazie a cui Vacca è stato a Bitonto, apprendere di curiose comunanze con l'ascendenza genealogica e familiare del maestro di scienza. Accertando i legami, si potrebbe pensare persino ad un riconoscimento al Vacca, qualcosa di simile all'attribuzione della cittadinanza onoraria. 

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Napoli torna anche su un'altra chicca. Domenica eravamo nell'alta Frigento, Irpinia profonda. Nei paesi vivi spesso simpatiche commistioni ed ecco il bar edicola. Adocchiato un libro, ne chiediamo il prezzo. "Gratis con il Mattino", la risposta. Acquisto fatto. Toh, Bitonto è lì. Si tratta di un racconto ispirato al nostro evirato cantore settecentesco Gaetano Majorano (detto il Caffarelli, 1710-1783), tra le glorie del secolo d'oro della musica bitontina, con Traetta, Planelli e Logroscino. Il volume raccoglie racconti e scritti ispirati a figure culturali o storiche legate alla Campania. E a Napoli il nostro ha operato per molto tempo, abile nel garantire il sollazzo degli agiati. Altra grande figura fu quella dell'andriese Farinelli. Autore del racconto, lo scrittore Diego De Silva. 

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Insomma, al di là di ogni stantio orgoglio municipalista, come si vede, la nostra città, e con essa la sua storia, continua a suscitare interesse e a invogliare ricerche. In più, con Roberto Vacca in parte forse "bitontino" e con la memoria di Caffarelli ancora viva a Napoli, abbiamo anche visto quanto la storia stessa della città degli ulivi non sia separabile da quella Napoli che una volta era la nostra capitale. Vero, di mezzo c'erano e ci sono gli Appennini a dividerci. Però esistono insospettabili liaison ed è forse bello andare a stanarle. 

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E se vi dicessimo che nell'allora importante Conza della Campania (Avellino), nel locale arcivescovato, a comporre ed eseguire musica sacra ci fu proprio, come organista, il citato Logroscino, grande nell'opera buffa? E che addirittura, pare, ne fu cacciato per cattiva disciplina? Da dire e sapere c'è sempre molto. Alla prossima.

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giovedì 16 Marzo 2017

(modifica il 29 Giugno 2022, 0:06)

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