Il nostro "fardello"

Nicola Fano: spirito, dottrina, studio

Marino Pagano
L'iscrizione dedicata a Fano nel 50esimo anniversario della morte
Uomo di fede e di cultura umanistica, fu grande studioso e oratore
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Rieccoci con questo nostro “fardello” comunitario. Proseguiamo così, per questo giovedì, il cammino attorno ai grandi bitontini della storia. Siamo nell’evo contemporaneo, con una figura poliedrica, dall’altissimo profilo culturale. Un nome su cui è sempre bene ritornare: Nicola Fano, uomo di fede e di ricerca.

Spirito, dottrina, studio. Una vita continuamente spinta all’approfondimento. “Fulgida gloria della città di Bitonto” e “sacro oratore filosofo letterato”: lo ricorda così l’iscrizione posta nelle immediate vicinanze della cattedrale, di cui fu arcidiacono. Un tributo pensato nel 1957, in occasione dei cinquant’anni dalla morte. Nicola Fano, preside del glorioso liceo Carmine Sylos (intitolato allo storico sindaco ottocentesco sin dal 1876), morì nel 1907, il 29 marzo. Poche settimane fa, dunque, la ricorrenza dei centodieci anni dalla scomparsa, mentre data al 6 novembre del 1841 la sua nascita. Il suo nome, con quello di Domenico Urbano e Luigi Della Noce (nato in provincia di Pavia ma bitontino di adozione), rientra nell’ideale triade di grandi educatori e uomini di cultura che hanno retto le sorti dell’importante struttura didattica bitontina, dove studiò anche il futuro anarchico barlettano Carlo Cafiero. Erano canonici lateranensi agostiniani, da noi a Bitonto già dopo il 1820.

L’iscrizione di cui si è parlato, firmata “Il Comune, il clero, le scuole, il popolo di Bitonto”, si augura che, nel nome di Fano, l’omaggio possa spingere “sempre più in alto le future generazioni nella luminosa ascesa delle morali e intellettuali conquiste della religione e della patria”. Un linguaggio che sarebbe scomparso di lì a poco. Si pensi a quel “religione e patria”, così chiaro nel tenere legate le due realtà. Già il termine “religione” oggi non gode di buona stampa, anche tra i cattolici, spesso più contenti di una anomica e personale “fede”, sganciata da ogni appartenenza di gruppo, istituzione o, non voglia Dio, gerarchia. E se la parola “religione” sparirà, per volere dei papi, per volere degli statisti stessa sorte ha già subito la “patria” (Carlo Azeglio Ciampi permettendo).

Ma torniamo al nostro canonico Fano, degnamente sepolto, tra l’altro, all’ingresso monumentale del nostro camposanto.

Figlio di Onofrio e Anna Vessicchio, studiò in seminario, ai tempi del vescovo salernitano Nicola Marone (1838-1851), presule che tanto fece per l’edificio stesso in cui era allocato il collegio ecclesiastico, plesso allora in non buone condizioni.

Fede e cultura umanistica. Più vocazioni, lo si accennava. Così il nostro raggiunge prima Napoli e poi Parigi. Siamo negli anni degli sconvolgimenti risorgimentali e anche a Bitonto la situazione tra clero e nascente stato unitario non è delle più facili (sono note le simpatie borboniche del vescovo che succederà a Marone: il napoletano Vincenzo Materozzi).

In Francia si fa vincenziano: aderisce cioè al carisma di San Vincenzo de’ Paoli, congregazione che poi per più ragioni sarà importante anche a Bitonto, soprattutto per la presenza del ramo femminile delle celebri Figlie e Dame della Carità.

Fano diventa sacerdote il 15 giugno del 1867, con scuola e impostazione rosminiane. Un taglio, quindi, squisitamente filosofico, atteggiamento che non poco lo formò e contribuì a temprarne l’animo.

Raggiunge subitaneo prestigio: ad Albi dirige già gli studi teologici e a Parigi insegna addirittura al figlio di Napoleone III, Napoleone Eugenio Luigi, unico figlio legittimo del presidente della Repubblica e poi imperatore dei francesi. Fano è a Parigi durante il famoso assedio del 31 ottobre 1870: di lì a poco, la proclamazione della Comune del 1871.

Per Angelo Cardone (che ne scrive in “Pagine sparse e stravaganti”, ripubblicato nel 2004 a cura di Nicola Pice per Edipuglia), egli fu precettore anche delle principesse di corte, in questo caso però si tratterebbe delle figlie illegittime del monarca.

Dopo una breve parentesi agrigentina come rettore del seminario, dai superiori del suo ordine fu rimandato ad Albi. Tornò in Italia, a causa di problemi di salute, nel 1876.

Cinque anni dopo è a casa, a Bitonto, successivamente a lustro d’insegnamento in filosofia a Trani al seminario, retto dall’Urbano. Qui da noi trova preside il Della Noce, così Fano diventa vicedirettore e contemporaneamente anche responsabile del seminario di Andria (abbiamo consultato per l’occasione il volume “Brevi cenni biografici sugli illustri bitontini”, di Giuseppe Pastoressa).

Come si vede, una vita tra molteplici impegni e tanti studi.

Agli incarichi sono da aggiungere i più importanti in chiave strettamente bitontina: direttore del locale seminario dal 1884 e dal 1888 al 1894 preside al Sylos. In entrambe le strutture insegnò appunto filosofia.

Da preside, nel 1894 accompagnò il filologo e onorevole Ruggero Bonghi, partenopeo eletto in Puglia, in visita a Bitonto.

Tra le sue pubblicazioni, piace ricordare un breve e dotto ritratto di Vitale Giordano, il grande matematico bitontino, un lavoro su cui, in un futuro davvero prossimo, sicuramente torneremo. Il volume data al 1906 e fu edito dalla storica Garofalo di Bitonto. Segnaliamo poi “Gli elementi compositivi dei corpi e la scuola peripatetica”, edito a Bari per la tipografia Cannone. Gli interessi per la filosofia classica fanno collegare nella mente Fano al bitontino Giuseppe Modugno, cugino del pedagogo Giovanni, tra i più importanti conoscitori italiani delle opere di Platone, preside del regio liceo classico di Foggia, acutissimo interprete e traduttore del filosofo ateniese ( a cui si era interessato e su cui aveva scritto, in pieno XIX secolo, anche il giurista Tito Berni-Canani -1791-1862-). La componente sacra, ovviamente, non mancò di certo: sua un’orazione panegirica a Maria SS. Addolorata (recitata il 16 marzo del 1883 e poi subito pubblicata da Garofalo).

Fu infatti notissimo e ricercatissimo come oratore, con interventi in occasione di visite illustri, nelle solenni premiazioni degli studenti o in ricorrenze come la Festa dello Statuto (Albertino, ovviamente: tra le tante cose esportate dopo l’unificazione del Paese). A sua firma anche uno studio dal titolo “I seminari vescovili”, Garofalo, 1899. Coniugò cura formale per la ricchezza stilistica e teologico culto del dettato testamentario nell’opera “Della poesia biblica: appunti”, ancora Garofalo, 1906. Studiò anche il celeberrimo episodio d’arme del 1734, momento bellico che a Bitonto vide soccombere gli austriaci, vinti dall’esercito spagnolo: a sua cura la pubblicazione del testo “La Battaglia di Bitonto del 25 maggio 1734: memoria inedita dell’abate Giovanni Battista Dello Jacono”, come sempre uscita per i tipi della Garofalo nel 1887.

Curò anche la pubblicazione di alcune delle più importanti iscrizioni dettate da Luigi Della Noce. Fece inoltre stampare diverse sue prediche morali, alcuni panegirici e poi allocuzioni e omelie in occasione delle prime messe di alcuni giovani confratelli sacerdoti a inizio secolo (Pasquale Ferrante, Giovanni Garofalo, Gaetano Maffei e altri), così come alcuni elogi funebri, diffusi prima a Bitonto e poi anche da una casa editrice palermitana nel 1901.

giovedì 20 Aprile 2017

(modifica il 28 Giugno 2022, 23:50)

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