Il nostro "fardello"

Gennaro Somma, artista da riscoprire

Marino Pagano
San Francesco di Paola dipinto da Gennaro Somma
​Pittore ragguardevole, fu in polemica con Francesco Spinelli
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Il Fardello oggi si occupa di arte, arte bitontina. Pittura nostra tra Ottocento e primo Novecento. Parleremo anche di una polemichetta che ci fu tra insigni artisti operanti a Bitonto.Ecco Gennaro Somma, nato il 30 gennaio del 1853. Pittore ragguardevole, di cui forse troppo poco ci curiamo. E invece l’alto valore c’è tutto. Somma, tanto per cominciare, nel 1878 è già a Napoli alla grande mostra d’arte moderna in onore di Umberto I di Savoia.

Nella città partenopea il nostro vi era giunto a soli quindici anni; in seguito lavorò nella Scuola Tecnica magistrale della città.

A Napoli conobbe il pittore barese Raffaele Armenise, autore degli affreschi del soffitto del teatro Petruzzelli; l’artista Domenico Morelli e i fratelli Palizzi, con la loro scuola naturalistica. Fu grande e riconosciuto in vita: partecipò alle esposizioni generali di Torino del 1884 e del 1888.

Francesco De Sanctis, critico letterario e ministro, lo avrebbe voluto insegnante presso le scuole italiane del Cairo, ma Somma rifiutò.

Sue opere sono, oltre che a Bitonto, anche a Roma, Bari, Putignano (una tavola al camposanto) e Santo Spirito.

Nella nostra citta da ricordare i lavori nel cimitero (cappella Giovanni Modugno), a San Matteo, San Leucio (un San Francesco di Paola che potete ammirare in foto qui), nella cripta della cattedrale (Madonna col Bambino, accanto a San Giuseppe e a San Camillo de Lellis), nella chiesa del Purgatorio e nei locali del Maria Cristina (un ritratto di Eustachio Rogadeo).

Interessanti, ne ha parlato Antonio Castellano, i suoi disegni e rilievi grafici.

Il suo stile, sobrio, si caratterizza per la forte freschezza dei colori e per il realismo delle immagini. Ci piace, però, investigare un aspetto particolare della sua vita d’artista e del suo stesso modo di concepire l’arte: la polemica con Francesco Spinelli, eminente artista bitontino che, nel 1870, grazie all’incarico del sindaco Vincenzo Rogadeo, fondò la Scuola di Disegno, benemerita istituzione in cui Somma tra l’altro operò per ben venticinque anni, fino al 1924. Tra i due non mancò la stima ma nemmeno il dissapore.

La disquisizione fu tutta culturale e ideologica a proposito delle nuove realtà sociali dell’epoca.

Siamo a fine ottocento: parte l’età d’oro della storia scientifica recente.

Quale atteggiamento doveva avere l’arte di fronte ai mutamenti? Tutto parte da Somma, che, nel 1882, discute e critica gli esiti della scuola bitontina di disegno: scrive infatti alcune note dal titolo “A proposito dell’esposizione dei lavori della scuola di disegno per gli artigiani di Bitonto”. Pronta la fulminea risposta di Spinelli: nell’82 darà alle stampe due libelli in cui contesterà, punto per punto e non tralasciando la polemica personale, le osservazioni di Somma.

In sintesi, quest’ultimo chiedeva il commiato dal disegno e dall’ornato classici in favore dell’approdo alle nuove prospettive dell’estetica moderna, dell’arte al passo coi tempi, l’arte industriale.

Spinelli no, era per il “Bello”, voleva “svegliare in qualche giovane privilegiato dalla natura la sacra scintilla del genio artistico”.

A Somma che interpreta la pittura classica come istanza necessariamente da rivedere, Spinelli oppone il valore della figura, la figura dell’uomo, la più bella “tra le cose create”. Ma Somma torna all’attacco.

Nel 1883 pubblica un vero e proprio trattato ideologico sull’arte: “L’arte industriale. Poche parole dette al prof. Spinelli”.

E così, seppur tra attacchi al limite del pettegolezzo (si allude al ruolo della donna nella scuola e nel mondo artistico), si mette in evidenza un Somma, per così dire, più riformista dello Spinelli, accusato di non credere alle “nuove riforme che si vanno di giorno in giorno attuando”.

L’arte moderna – spiega Somma – “stante l’evoluzione delle società civili”, deve “stringersi in amplesso fecondo con le industrie”. L’arte di ogni tempo non è altro che “la estrinsecazione plastica” dei contenuti sociali delle varie epoche.

“Non è il nostro secolo feudale o religioso, ma eminentemente positivista sociale”, scrive ancora Somma, con attenzione anche ai corsivi.

E “feudale”, “religioso”, “positivista sociale” sono scritti in corsivo.

La scuola bitontina doveva così formare i ragazzi anche all’arte manuale, al lavoro di artigiano.

Nell’opera “L’arte applicata all’industria e la scuola di disegno per gli artigiani”, del 1905, Somma concluderà che le scuole pugliesi di disegno, non avendo “smesso il gusto d’un secolo fa nelle classi operaie”, per colpa di direttori “sapienti accademici” o “signori medievali”, avrebbero dovuto provvedere “al riordinamento delle scuole per gli operai, mettendole sulla nuova via reclamata dal progresso de’ nostri tempi”.

Ecco le parole e i pensieri di Somma.

I fatti andarono anche in altra direzione. L’artista seppe adattarsi alle committenze con opere come il telone del miracolo della Vergine, quadro del 1914 restaurato negli anni 40 da Raffaele Catucci.

Degli omaggi in pittura ai santi abbiamo già scritto.

Tra l’altro quando, nel 1907 (centodieci anni fa), morirà Spinelli, Somma gli dedicherà la pergamena commemorativa, rendendo doveroso omaggio. Gennaro Somma fu un uomo cosciente della sua eventuale fallibilità.

Nel citato scritto del 1883, riecheggiando una frase del Settembrini, ricordò che “nel mondo niente si perde: e nell’Arte anche gli errori servono a qualcosa”. Somma, artista da riscoprire, morirà nel dicembre del 1938.

giovedì 18 Maggio 2017

(modifica il 28 Giugno 2022, 23:38)

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