Storia

Francesco Traversa, eroico generale bitontino caduto a Gaeta

Marino Pagano
Targa in memoria di Traversa
A proposito delle polemiche tra Consiglio regionale e storici baresi sull'Unità
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Tempo di roventi polemiche, temiamo non solo estive, tra Consiglio regionale della Puglia e alcuni storici dell’ateneo barese in merito ad una recente deliberazione dell’assise di via Capruzzi che ha indicato nel 13 febbraio la giornata istituita al ricordo delle vittime meridionali durante il difficile percorso che portò all’Unità d’Italia. Un periodo, quello risorgimentale, soprattutto con riferimento alla parte conclusiva dello spinoso percorso di unificazione del Paese, che ancora oggi innesca vivo dibattito. Questo, se da una parte non è, per ovvie ragioni, positivo, dall’altra indica però l’alto tasso di attualità di un determinato discorso storico.
Un fenomeno che accade quando, a torto o a ragione, si intravede in un preciso passato le negative scaturigini di problemi che evidentemente non trovano ancora soluzioni. Accade così sull’Unità d’Italia, da molti meridionali e meridionalisti vista come la clava originante alcuni dei ritardi economici e sociali del Sud. In quest’ottica s’inserisce la deliberazione dell’assemblea regionale. Parte dei docenti impegnati nella ricerca storica stanno invece esprimendo agitata posizione contraria. La data scelta dal consiglio è il 13 febbraio, giorno in cui nel 1861 cadeva Gaeta, ultima roccaforte borbonica, con Messina e Civitella del Tronto, a cedere, dopo strenua resistenza durata poco più di 100 giorni, ai cannoni di Enrico Cialdini, ancora oggi scandalosamente presente nella toponomastica di moltissime città italiane, efferato e truce esempio di politica militare assolutamente sorda rispetto alle reali esigenze delle popolazioni meridionali e appunto impegnato in quel frangente a garantire l’acquisizione all’istituendo regno d’Italia della fortezza gaetana.

Francesco Traversa a Gaeta
In quel momento un bitontino, uno dei figli più illustri della storia della nostra città, un nome che altri contesti civici avrebbero probabilmente elevato con orgoglio a emblema e gemma del proprio tracciato comunitario, rese il suo estremo tributo.
Ci riferiamo al generale Francesco Gaetano Traversa. Degna invece di nota in suo ricordo, su di una piccolissima arteria cittadina, un’iscrizione in memoria, collocata nel 1998.
Vediamo ora di sintetizzare il suo profilo e capire perché, per la sua personalità, può ben parlarsi di una vita all’insegna della probità più irreprensibile, se non del pieno eroismo, qualità del resto a lui già riconosciute da vasta produzione bibliografica.
Cercheremo comunque di spiegare le ragioni intrinseche di queste oggettive qualità, su cui sarà sempre importante far luce in sede di ricerca storica e nella necessaria individuazione dei migliori cittadini della storia di Bitonto.


Traversa, vita e carriera
Francesco Traversa nacque a Bitonto il 3 luglio del 1786 da Giovan Battista e Cherubina Damiani. Entrato già a 18 anni nella Reale Accademia Militare della Nunziatella, è poi promosso a 2° tenente del Corpo del Genio.
Esce dalla Nunziatella il 4 aprile 1808.
Da qui una lunga e prestigiosa carriera, destinato alla sotto direzione di Napoli e poi delle piazze di Salerno, Lagonegro, San Lorenzo la Padula e Palinuro. Traversa sarà impegnato durante le avventure francesi nel Regno di Napoli, per tutelare le terre del Sud da quello che non poteva che esser visto come invasore. Nel 1812, in altri passaggi, fu fatto prigioniero a Ponza (dove tentò di ammodernare le difese del luogo, così come già a Capri) dagli inglesi e condotto a Malta. Combatté poi Gioacchino Murat e, tornato il Regno ai Borbone, ecco la sua scalata.
Fu addetto, fino agli anni 30 dell’800, alla stima e misurazione dei lavori, e poi alla tutela, del tempio votivo in onore di san Francesco di Paola, nella grande area che decenni dopo diverrà nota come piazza del Plebiscito (i plebisciti farsa di annessione, magari ne parleremo una prossima volta). Un luogo di fede assai simbolico per casa Borbone.
Vedremo poi Traversa a Monteleone (attuale Vibo Valentia), Barletta, Siracusa, Reggio Calabria e Gaeta (territorio che poi conoscerà bene e rincontrerà ) e Pescara.
Non si contano i titoli conseguiti e le cariche accumulate negli anni. Nel 1841, ecco la promozione a tenente colonnello e la nomina a sotto ispettore dell’Arma del Genio. Fu poi anche maresciallo di campo.

Traversa a difesa di Gaeta: il suo ruolo, la sua morte
Tutti questi alti momenti professionali gli valsero unanime e convinta attestazione di capacità e autorevolezza.
Davvero tanta la stima accumulata sul campo. Così, all’età non trascurabile di 74 anni, l’8 ottobre del 1860, è promosso tenente generale. Per la precisione, diventa direttore generale dell’Arma del Genio. Una sorta di riconoscimento da parte del monarca Francesco II e dei vertici militari della Corona.
Traversa è chiamato direttamente a Gaeta, a dirigere, insieme ad altri colleghi, l’ultima difesa della città.
Il bitontino trovò un organico particolarmente ridotto, a causa delle numerose diserzioni. Una lo colpì amaramente: quella di suo figlio Luigi.
Il suo apporto fu per molto tempo grande ed energico. Considerata la carica ricevuta, si occupò soprattutto di allestire e salvaguardare le sussistenze per i militari. Era addetto anche ad operare presso situazioni dove occorrevano lavori di emergenza a seguito di bombardamenti “italiani” particolarmente incisivi e violenti. A sua cura il ripristino delle batterie (fondamentali unità dell’artiglieria) in loco. E fu proprio durante un accertamento in tal senso che il generale trovò morte.
Era stata colpita la batteria Cappelletti e Traversa vi si era recato per ordinare al colonnello Paolo de Sangro le disposizioni utili allo sgombero immediato delle macerie dopo la rottura della breccia. Era il 5 febbraio del 1861.
Il 13, appunto, arriverà la capitolazione di Gaeta: 17 gli ufficiali morti borbonici, 826 perdite in tutto per le Due Sicilie e solo 50 tra Regno di Sardegna ed ex ufficiali dell’esercito napoletano.
Gli effetti della deflagrazione di alcuni depositi di munizioni, vicini proprio alla batteria che il generale stava visitando, coinvolsero tragicamente l’anziano e valoroso Traversa, seppellito sotto mille pietre e materiale di tutti i tipi.
Morì con lui anche il de Sangro. Acquisiamo queste notizie da alcune pubblicazioni, tra le quali è doveroso citare la piccola monografia “Il tenente generale Francesco Traversa dalla Nunziatella a Gaeta”, a firma di Giuseppe Catenacci e del compianto Roberto Maria Selvaggi, edito nel 1998 (edizioni Associazione nazionale ex allievi Nunziatella di Gaeta). Ci vorrà un giorno per recuperare il suo corpo, provato e sfigurato. Il sovrano Francesco II, si lesse subito, rimase “altamente commosso” alla triste notizia. Una morte che senza retorica, ripetiamo, non esitiamo a definire eroica, quantomeno perché fino all’ultimo, e fino al martirio-testimonianza, Traversa fu fedele alla sua patria. E la sua patria era il Regno della Due Sicilie. Era il più anziano tra gli ufficiali a Gaeta.

Bitonto vanta allora questa nobile figura. Non siamo stati solo la città del grandissimo e ispirato Vincenzo Rogadeo o dei preti liberali o dei “patrioti” risorgimentali o, ancora, dei protagonisti direttamente a Napoli del clima che poi portò alla caduta del Regno (si pensi a Giuseppe Scivittaro). Bitonto, ampliando il discorso, è anche la terra dove il Borbone ha sconfitto gli austriaci e conquistato il Sud nel 1734, paese dove poi nascerà l’importante Maria Cristina di Savoia nel 1852, intitolato alla consorte di Ferdinando II, beata per la chiesa cattolica. Oppure, per tornare al 700, la città di origine di Antonio Planelli, musicista ed eclettico erudito, estensore materiale dello statuto della Real Seteria di San Leucio, a Caserta, simbolo ed esperimento sociale del periodo per gli storici più illuminato della dinastia.
Di Francesco Traversa colpisce il tratto umano. In una lettera destinata agli ufficiali, ai sottufficiali e ai soldati del Genio alle sue dipendenze (missiva che leggiamo grazie al volume “La gloriosa fine di un Regno”, sempre edizioni Allievi Nunziatella, 2011, a firma ancora di Catenacci e di Francesco Maurizio Di Giovine), ben consapevole delle difficoltà e forse anche della china che il conflitto a Gaeta avrebbe presto preso, si dichiarò già fiero dei suoi ragazzi: “(…) ed io, che starò sempre con voi per dirigere ed agevolare i vostri sforzi, sarò fortunato ed orgoglioso di poter dire che erano miei dipendenti gli ufficiali, sottufficiali e soldati del Genio di Gaeta”. Una lettera datata già 5 novembre 1860. Comunicazioni così, da parte sua, davvero tante. Con estrema solerzia e sollecitudine il generale si preoccupava, in ogni minimo dettaglio, dei problemi e delle esigenze dei sottoposti. Non mancava un tono quasi paterno (“il vostro vecchio generale vi dice che”…) di sollecitudine e spesso anche di lodi verso l’operato dei soldati o di rimproveri. Così come costante era la sua ansia attorno alle disponibilità, anche alimentari, dei vari comparti. Fu grazie a lui se l’esercito accampato sul Garigliano e la stessa fortezza ricevettero pane in quantità durante quei giorni.
Per espressa volontà del re, Traversa, assieme ad altri generali, fu seppellito nel duomo di Gaeta, dove tuttora riposa.
Il suo petto fu ricoperto dalle decorazioni di Francesco I, di prima classe, dell’ordine Piano e della medaglia di Santa Elena.

La fine di un Regno
Intanto, la storia si era compiuta. Francesco II, firmata la resa e persa Gaeta, parte per Roma, dopo che già aveva lasciato con dolore Napoli. Dopo anni di esilio, anche parigino, morì nel 1894 nell’allora austriaco Trentino, durante un viaggio per cure termali. Visse in condizioni economiche semplici e dignitose, certo non lussuose, del resto l’Unità aveva depauperato di tutto casa Borbone. Lo stato italiano avrebbe riconosciuto e restituito tutto se solo Francesco avesse formalmente rinunciato ad ogni pretesa di ritorno sul trono. “Il mio onore non è in vendita”, disse l’ex monarca.
Ai suoi soldati, ricordando il sacrificio di molti (quindi anche del nostro Taversa), poco prima di partire da Gaeta scrisse: “Generali, ufficiali e soldati, vi ringrazio tutti: a tutti stringo la mano con effusione di affetto e riconoscenza. Non vi dico addio ma a rivederci. Conservatemi intatta la vostra lealtà, come vi conserverà eternamente la sua gratitudine e la sua affezioni il vostro re”.
Una pagina di storia, durata dal 1734 al 1860-1861, cominciata formalmente proprio a Bitonto, finiva per sempre, con un grande bitontino morto sul campo a difesa del suo re. L’Unità non si discute, vero. Lo stesso può dirsi anche del coraggio del generale Francesco Traversa. Non consegniamolo all’oblio.

giovedì 3 Agosto 2017

(modifica il 28 Giugno 2022, 23:00)

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Vincenzo robles
Vincenzo robles
6 anni fa

Hai detto bene che si tratta di un argomento che non smetterà di fomentare polemiche. Io ho accettato l'articolo del mio collega Russo per 2 motivi: l'assoluta noncuranza dell'amministrazione verso l'università è il taglio socio-economico dell'articolo. Il regno borbonico va studiato nei suoi vari aspetti così come l'opera di Cialdini. Perché il più esteso regno preunitario, quello borbonico, cadde così facilmente?.Ho ammirato la ricostruzione del generale Traversa è il tuo invito a studiarlo. Ma si tratta pur sempre della eroicita' di uno è per di più di un bitontino. Non inseguo gli anniversari e le date, ma il problema storico è sempre utile affrontarlo

gianfranco lillo
gianfranco lillo
6 anni fa

“…Perché il più esteso regno preunitario, quello borbonico, cadde così facilmente?”
Se il signor Robles volesse veramente una risposta storica, politica, sociale ed economica e militare a questa sua legittima domanda, non ha che da studiare, possibilmente escludendo il “libro cuore” , i “padri della patria” e tutto il ciarpame risorgimentalista. Per l'occasione, suggerisco a signor Robles i seguenti storici meridionali e meridionalisti :
Nicola Zitara, Roberto Selvaggi, Alianello,Fulvio Izzo, Edoardo Spagnuolo,Lorenzo Del Boca (piemontese),Vincenzo Gulì, Di Rienzo, unitamente ad una visita al sito “IL PORTALE DEL SUD”, diretto da Alfonso Grasso .