Cultura

Reato di tortura e tagli ai vitalizi, i casi di due bitontini

Marino Pagano
Ritratto di Francesco Paolo Catucci
Nicola Ciocia, poliziotto classe 1943, alias "de Tormentis" per i metodi duri usati contro i sospetti terroristi. Il parlamentare Francesco Paolo Catucci già nel 1863 propose l'abolizione dello stipendio agli onorevoli
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Tra le innumerevoli, due questioni assai spinose, negli ultimi tempi, sono state e sono ancora al centro del dibattito politico nazionale. La prima riguarda l’attesa definizione del reato di tortura, diventato legge dello stato e approvato in via definitva attraverso il ddl che ha appunto introdotto nell’ordinamento italiano questa fattispecie di reato.

La seconda è legata ai vitalizi dei parlamentari e dei consiglieri regionali, di conseguenza al progetto di legge Ricchetti e alle discussioni soprattutto tra Pd e Cinque Stelle. Polemiche su entrambi i fronti, si è detto. Ma noi ce ne occupiamo perché, su tutti e due i casi, la nostra città, con la sua storia e alcuni uomini di qui nativi, ha qualcosa da dire. In positivo e in negativo. Sono riferimenti che in entrambi i casi richiederebbero un articolo a parte, dettagliato e con resoconti precisi. Noi, per non appesantirvi(ci?), data la calura estiva che sempre più ci flagella, abbiamo deciso di sintetizzare in un pezzo unico i due ragguagli in merito a curiosità legate a Bitonto in rapporto a queste due delicate e ben differenti controversie. Due argomenti in cui però le due piccole storie bitontine in realtà c’entrano non poco, proiettando la città, se si vuole, nel dibattito nazionale, quantomeno con peculiare sguardo al dettaglio influente.

Il caso di Nicola Ciocia

Ecco, dunque, il reato di tortura che tale, finalmente, diventa agli occhi della legge del nostro Paese. Ebbene, nei tristi e drammatici anni legati al terrorismo in Italia, momenti tragici ricordati tre giorni fa con l’anniversario della strage di Bologna del 2 agosto, un poliziotto dalla nascita (21 gennaio 1934) e dall’infanzia bitontina ha, per sua aperta ammissione, avuto un preciso e determinato ruolo in quei frangenti. Ci riferiamo a Nicola Ciocia (di spalle, segnato da un circoletto rosso, nella storica foto del rinvenimento del corpo di Aldo Moro assassinato dalle BR) poi avvocato del foro di Napoli (città dove crediamo viva ancora), un nome che fece tantissimo scalpore e il cui operato destò gli animi di molti tra esponenti politici e giornalisti. Ciocia, noto anche come il dottor o il professor “de Tormentis”, pare fosse solito usare metodi di violenza contro i fermati e accusati di partecipazione o contiguità al terrorismo (di ogni colore). Da qui i “tormenti”. Lo ripetiamo. Ci sarebbe molto da dire, magari ci ritorneremo con uno speciale. Non mancarono inchieste e dossier. Ne parlò l’Espresso degli anni caldi. Ne scrisse anche Nicola Rao, scrittore di destra, in una sua ricostruzione su quella orrenda stagione. Rao ha anche intervistato Ciocia, non molti anni fa, in un albergo, seppur con l’obbligo di riferire il colloquio senza alcun nominativo esplicito. Ma è chiaro che De Tormentis fosse lui. Il bitontino, ormai naturalizzato napoletano, non ha certo nascosto l’eventualità di aver potuto ricorrere a certe pratiche. Una era famosa: il cosiddetto waterboarding, immobilizzazione dell’interrogato e soffocamento con acqua e sale, una tecnica usata in Italia da una squadra speciale dell’Ucigos (Ufficio centrale per le investigazioni generali e per le operazioni speciali) proprio contro le Br. Furono arrestati, grazie a notizie carpite in questa maniera, Giovanni Senzani e Antonio Savasta. Così fu smantallata la colonna partenopea delle Brigate stesse, idem dicasi per la cattura del Nar Giorgio Vale (poi ucciso in un conflitto a fuoco). Anche il generale americano James Lee Dozier fu liberato grazie all’acquisizone di notizie rese agli inquirenti in questa maniera. Ciocia è stato uno dei poliziotti più noti nel ricorrente utilizzo di questi strumenti. È intervistato anche nel volume, a firma di Valerio Lucarelli, “Vorrei che il futuro fosse oggi. Ribellione, rivolta e lotta armata. Una storia dei Nap”, edizioni Ancora del mediterraneo, 2010.

È stato ascoltato anche da Fulvio Bufi sul Corriere della Sera, nel 2012.

In anni recenti la Corte di Appello di Perugia ha accertato che la squadra guidata direttamente da lui adottò la tortura con il terrorista foggiano, di San Severo, Enrico Triaca. Siamo nel terribile 1978, inchiesta sul caso Moro.

Da Perugia gli atti sono stati trasmessi a Roma. La procura capitolina ha esplicitamente notato come, anche nel caso di entrata in vigore della prescrizione, Ciocia avrebbe potuto rinunciarvi. Proprio il caso di Ciocia può considerarsi come uno di scuola in merito all’urgenza dell’istituzione del reato. Così, nel suo caso, al massimo fu formulato il reato di abuso di autorità, art. 608 del codice penale. Ma Ciocia non ha rinunciato alla prescrizione e dunque il caso giudiziario farà la fine che farà. Il bitontino sarà poi presente, il 9 maggio del 1978, giorno drammatico del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro in via Caetani, a fianco del ministro dell’Interno Francesco Cossiga, a pochi centimetri dalla famosa Renault 4 rossa, icona di quella tragedia.

Sulla figura di Ciocia la rete pullula di informazioni. Nonostante questo, chissà, molto è forse ancora da conoscere.


Francesco Paolo Catucci, una proposta di legge forse troppo ardita

Si parla molto negli ultimi anni di abolizione dei privilegi dei parlamentari, di costumi morigerati nelle istituzioni, di un richiamo insomma al ruolo morale di cui si dovrebbe essere consapevoli in certe circostanze. Ebbene, è stato un bitontino uno dei primissimi parlamentari italiani (siamo nel 1863) a sollevare certe questioni e a proporre addirittura l’abolizione dello stipendio ai parlamentari durante l’esecuzione del loro mandato. “Sospensione dello stipendio dei deputati impiegati durante le Sessioni parlamentari”, si intitolò così la sua proposta. Data precisa 15 ottobre 1863. Siamo davvero ai primissimi anni del Regno d’Italia. Il nostro parlamentare è Francesco Paolo Catucci, eletto prima nell’avellinese, per il collegio di Atripalda, poi a Bitonto. Di professione avvocato, è nato nella nostra città nel febbraio 1820 ed è deceduto a Napoli il 12 marzo 1880. La sua proposta riprese un’analoga posizione dell’onorevole (e scrittore) Antonio Gallenga, che però fu abbandonata in sordina. Solo per questo Catucci non ha la palma del primato nei tempi. La sollecitazione fu anche ripetuta tre anni dopo, nella legislatura successiva. Nulla da fare. L’idea sembrò velleitaria e non passò, pur discussa in aula. L’onorevole lamentò tempi lunghi. Gli rispose cercando di offrirgli garanzie il collega Mauro Macchi. Figura interessante, il Catucci. Orientamento decisamente anticlericale, fiero antiborbonico, appartenne alla sinistra storica. Allievo del canonico Della Noce, insegnò diritto a Napoli, dove fu unanimemente stimato.

Nella città partenopea fu avvocato celebre e di grido. Avvocato a Napoli è stato anche Ciocia, come si è visto.

Due epoche diverse, due questioni altrettanto diverse, così come diversi i due uomini stessi tra loro. Diversissimi, decisamente. Bitonto al centro, come sempre. Nel bene e nel male.

sabato 5 Agosto 2017

(modifica il 28 Giugno 2022, 23:00)

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gianni spinelli
gianni spinelli
6 anni fa

Bitonto… caro Marino, molto interessante.