Cultura

“Simbologia sacra nella scultura contemporanea”, a Grottaglie la mostra curata dal bitontino Del Re

La Redazione
Mostra di scultura a Grottaglie
Tra i 12 artisti anche Francesco Sannicandro, che ha riprodotto i simboli della conchiglia, del pesce e della croce
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I simboli del sacro oltrepassano i secoli e le culture e il loro valore si radica in un profondo bisogno d’infinito. Alla riscoperta di questo inestimabile patrimonio simbolico è dedicata la mostra collettiva “In crypta. Simbologia sacra nella scultura contemporanea”, a cura del bitontino Francesco Paolo Del Re, visitabile dall’8 dicembre 2017 all’8 gennaio 2018 a Grottaglie, in provincia di Taranto, negli spazi espositivi del Museo della Civiltà Rupestre ospitato all’interno del rinascimentale Convento dei Cappuccini, in occasione della XXXVIII Mostra del Presepe.

Sono dodici gli artisti protagonisti, tra cui spicca il bitontino Francesco Sannicandro. Parliamo di Giorgio Crisafi, Sabino De Nichilo, Paolo De Santoli, Yvonne Ekman, Antonio Grieco, Ezia Mitolo, Riccardo Monachesi, Jasmine Pignatelli, Mara van Wees, Antonella Ventola e Antonio Vestita.

La mostra sarà inaugurata domani 8 dicembre alle 11 dal sindaco Ciro D’Alò e dall’assessore alla Cultura e al Turismo Elisabetta Dubla.

Prima di arrivare a Grottaglie, la mostra – che nasce su progetto di Daniela Gallavotti Cavallero, Jasmine Pignatelli e Mara van Wees – ha già fatto tappa nella Basilica dei santi Bonifacio e Alessio all’Aventino a Roma e nella Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo a Todi (PG). L’evento è promosso dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Grottaglie.


Le opere in mostra

I dodici artisti invitati mettono in scena, attraverso sculture e installazioni, declinazioni creative e contemporanee della simbologia sacra. Scrive il curatore Francesco Paolo Del Re: “L’installazione di Giorgio Crisafi dà una dimensione monumentale alla corona di spine e s’ispira alla laude ‘Donna de Paradiso’ di Jacopone da Todi, usando la circolarità come linea guida per un discorso all’incontro tra vita e morte, umano e divino. Sabino De Nichilo rilegge in chiave dissacrante l’iconografia del cuore sacro, che viene deposto dall’altare per essere trasformato ironicamente in una frattaglia da macelleria, mescolando echi di body art e suggestioni attinte al cinema di genere. Recuperando una memoria magnogreca, Paolo De Santoli riconduce idealmente la forma del calice a coppa alla tradizione classica del rython, protagonista della convivialità: in essi il vino diventa divino, come nell’episodio evangelico delle nozze di Cana. In un gioco di sovrapposizioni, incroci e ombre, è la stella la figura scelta da Yvonne Ekman, che riprende le relazioni di spazio teorizzate nel “De re edificatoria” di Leon Battista Alberti, mettendo in corrispondenza i rapporti tra le aree con gli intervalli musicali. Antonio Grieco lavora sulla verticalità della turris eburnea, descrivendo un percorso simbolico di elevazione e di ascesa che parte dalla terra e di terra è impastato, valorizzandone la qualità di materiale costruttivo impregnato di un sapere antico. Ezia Mitolo unisce gli elementi della croce e della trinità, ponendo lo spettatore di fronte alla propria immagine riflessa in uno specchio e alla possibilità di interagire con una parte mobile e oscillante dell’installazione da lei progettata, che rimanda al parto. La dimensione liturgica dell’offerta e del dono viene rievocata da Riccardo Monachesi attraverso calici e coppe, nei quali la citazione archeologica viene tradita dall’uso antidecorativo dello smalto, tra interruzione di linearità e sbavature del colore. Attraverso il trattamento modulare del segno della croce, elemento geometrico più che simbolo sacrale, Jasmine Pignatelli sperimenta le relazioni spaziali, temporali, cinetiche e cinematiche che scaturiscono dalla sovrapposizione, inclinazione e ripetizione. La conchiglia che identificava i pellegrini medievali del Cammino di Santiago, il pesce e la croce sono i simboli che s’incontrano nell’opera di Francesco Sannicandro, impregnandosi di sfumature marine che parlano della madre Puglia da sempre amata dall’artista. Il cammino è anche al centro dell’opera di Mara van Wees, che riprende i simboli della scala e della croce ed evoca le figure dei cavalieri in transito lungo la via Francigena, con un riferimento all’antico ospedale di Santa Maria della Scala a Siena. Il cristianesimo e il paganesimo si fondono nell’intervento di Antonella Ventola, che racchiude in un’unica rappresentazione scultorea il simbolo del pesce e la figura della Venus, evocando una primordiale vulva che rappresenta la Grande Madre e la fertilità. Tra immaginario e tradizione, tecnica e design, alla ricerca di un equilibrio tra cielo e terra, Antonio Vestita elabora un personalissimo codex, un vero e proprio codice miniato in ceramica, un modo di ordinare un antico patrimonio di simboli per un mondo nuovo”.


Un patrimonio da riscoprire

“I simboli sono da sempre delle porte o delle guide che permettono l’accesso alla sfera del sacro e, benché la nostra società secolarizzata sembra sempre più distante dalla spiritualità, anche oggi non perdono il loro potere evocativo – scrive Francesco Paolo Del Re – e conservano anzi inalterato tutto il fascino di un linguaggio pregnante e prezioso, che fa risuonare di echi profondi e arcani una quotidianità troppo spesso assordata da un chiacchiericcio senza testa e senza peso”. I simboli del sacro sono certamente attuali e sono tutt’oggi necessari. A partire da questa consapevolezza, la mostra “In crypta” vuole rileggere, attraverso il lavoro e le forme propri della scultura, alcune figure millenarie che evocano o rappresentano la dimensione sacra nel patrimonio delle varie culture, ponendo domande sul loro valore umano, spirituale e soprattutto creativo nell’ambito specifico dell’arte contemporanea. L’arte è territorio privilegiato di questa ricerca che lega sacro e simbolo. Infatti nella storia dell’umanità, fin dalle sue origini, arte e simbolo sono imprescindibili l’una dall’altro: da qui la riflessione intorno all’arte quale strumento e linguaggio esemplare per rendere espliciti e attuali i valori eterni che i simboli custodiscono.


Sculture in ceramica

Non semplice materiale per l’arte, ma vero e proprio medium, è la ceramica l’elemento che accomuna le sculture della mostra “In crypta”. Non a caso. Perché Grottaglie è un centro noto proprio per la tradizione ceramica artigianale. E perché è propria della ceramica stessa una vicinanza, una familiarità con il sacro, sia per l’alchemica congiunzione di terra, acqua e fuoco che ne caratterizza la creazione, sia per l’utilizzo votivo che della ceramica è storicamente stato fatto, a partire dalle coppe per libagioni o dalle offerte di ex voto dei santuari. E oggi la ceramica, liberata da ogni funzione d’uso e dai retaggi che la immaginavano arte applicata o artigianato, dimostra attraverso la scultura una duttilità e una versatilità che si prestano a utilizzi plastici dai risultati originali e imprevedibili.

giovedì 7 Dicembre 2017

(modifica il 28 Giugno 2022, 21:58)

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