Aspettando le elezioni

I primi sindaci di Bitonto 1. Dai moti rivoluzionari ai primi anni post unitari

Annarita Cariello
La scheda elettorale per decidere tra Repubblica e Monarchia
Ogni settimana BitontoLive racconterà le storie degli amministratori locali che si sono succeduti a Palazzo di Città dal 1860 ai nostri giorni
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Il ministro dell’Interno Marco Minniti ha fissato con un decreto la data delle prossime elezioni amministrative: si voterà domenica 11 giugno e l’eventuale turno di ballottaggio si terrà domenica 25 giugno. I cittadini sono chiamati a votare direttamente i sindaci, i nuovi consigli comunali e i consigli circoscrizionali.

Anche Bitonto partecipa quest’anno alle elezioni comunali, allo scadere dei cinque anni di mandato del sindaco Michele Abbaticchio che si ricandida a primo cittadino in una corsa a cinque, con Dino Ciminiello (Movimento 5 stelle), Carmela Rossiello (centrodestra), Emanuele Sannicandro (centrosinistra) e Maria Rosaria Decaro (Partito delle Donne).

In queste settimane che ci separano dal voto, BitontoLive riproporrà, a cadenza settimanale, la storia, le origini, le attività di mandato dei sindaci bitontini che si sono succeduti dal 1860 fino ai nostri giorni. Seguendo il fil rouge tracciato da Antonio Castellano e Michele Muschitiello nel volume “Sindaci di Bitonto dall’Unità d’Italia a oggi”, proveremo a raccontare le tappe più significative di tutti i primi cittadini di Bitonto, che assunsero le redini del governo locale all’indomani dell’Unità d’Italia. Nobili, borghesi, medici, professori, uomini di legge che hanno deciso di servire la propria città, ognuno con un proprio personalissimo modo, e che sono rimasti nella memoria collettiva della popolazione.

Nicola Bovio

Definito “uomo esemplare, sia nella vita pubblica che in quella delle pareti domestiche”, Nicola Bovio fu sindaco di Bitonto dall’aprile al luglio del 1860. Fu il primo degli illustri uomini politici che governarono la città. Religiosissimo e devoto alle dottrine cristiane, in quei terribili anni che precedettero l’unione della nazione, riuscì in pochi mesi a scongiurare la crisi della fame che attanagliava la popolazione bitontina, spesso anticipando anche somme personali per non attingere alle casse comunali.

Vincenzo Rogadeo

Dopo Bovio, prima per un solo mese di mandato (dal 1° al 31 luglio del 1860), poi per quattro anni, Vincenzo Rogadeo, figlio di Eustachio e Chiara De Lerma, fu assunto alla carica di sindaco di Bitonto. Grazie al suo temperamento riflessivo e razionale, riuscì a tenere saldamente le redini del governo cittadino in quel periodo storico contrastato tra l’avanzata dell’esercito borbonico e l’impeto dei giovani volontari. Tornato al governo nel 1871, avviò importanti attività cittadine, tra cui la scuola comunale di disegno applicata alle arti e ai mestieri, sotto la direzione di Francesco Spinelli, la Banca Bitontina, tra le più importanti della Puglia, e l’Avvenire della Bassa Italia, giornale precursore dell’attuale Gazzetta del Mezzogiorno.


Enrico Ferrara

Medico, laureatosi a Napoli nei primi anni dell’800, Enrico Ferrara è il simbolo del bitontino che, dopo essersi formato fuori città, decide di far ritorno al paese natìo perché “amava di sviscerato affetto” la sua Bitonto. Dottore famosissimo tra la popolazione, assunto a sindaco dal 31 luglio al 20 settembre del 1860, riuscì a contenere i tumulti cittadini nel passaggio di potere tra i Borboni e il re Vittorio Emanuele di Savoia, restando saldo nei suoi tre principi di vita: Dio, la scienza e i poveri.

Giuseppe Pannone Seniore

Rimase al governo per soli tre mesi, fino al 16 dicembre del 1860, Giuseppe Pannone Seniore, dimostrandosi sindaco attento alle classi più umili, alle quali offriva lavoro e conforto. Durante la sua amministrazione, il Comizio Bitontino votò unanimemente a favore dell’unità di Italia, “con Vittorio Emanuele re costituzionale”.

Vito Amendolagine

Primo cittadino da fine 1860 al 9 agosto 1861, Vito Amendolagine fu il primo sindaco bitontino dell’Unità d’Italia e il primo sindaco borghese, non di origini nobili. Fisico di professione, riuscì, attraverso la Guarda Nazionale, a respingere le prime recrudescenze di moti borbonici antiunitari e l’invasione nel territorio del brigante Crocco.

Giambattista Sylos

Dopo Amendolagine, salì al governo di Bitonto Giambattista Sylos, in due lunghi mandati, dal 1861 al 1866 e poi dal 1876 al 1881, ricordato dai posteri per le numerose opere pubbliche che contribuì a costruire a Bitonto. Oltre ad opporsi con fermezza al brigantaggio imperante e alle epidemie di colera che scoppiarono nel territorio, Silosy si adoperò per la costruzione di una sala di lettura per i cittadini sprovvisti di mezzi per l’educazione e l’informazione, e provvide al ribasolamento delle tre piazze centrali (Cavour, Marconi, Moro). Inoltre, riconsegnò alla Biblioteca comunale tutti i volumi letterari sparsi negli istituti della zona e destinò a scuola primaria una parte dell’ex convento di San Francesco d’Assisi.

Francesco Paolo Sisto

In seguito ad un periodo di reggenza di Giuseppe Guastamacchia in qualità di regio delegato, e dopo la rinuncia di Bovio dopo alcuni mesi del secondo mandato, assunse le redini del governo Francesco Paolo Sisto dal 27 novembre 1866 al 3 giugno 1867, “il più esperto ed affidabile in un contesto di tensioni politiche”, che ottenne la fiducia dell’intero consiglio comunale. Sotto la sua amministrazione, il consiglio sborsò quasi 100 lire per bonificare le sentine delle pubbliche cisterne, che, in estate, necessitavano di pulizia per non incidere maggiormente sulla salute della popolazione, già provata dalla scarsità dell’acqua sorgiva e privata delle comodità igieniche.


Giovanni Sylos Labini

Chiude questa prima galleria dei sindaci di Bitonto Giovanni Sylos Labini, tenente colonnello della Guardia Nazionale garibaldina, laureatosi in legge a Napoli e distintosi per l’estrema indipendenza e fedeltà ai propri ideali politici. Il suo sindacato, prima dal 1867 al 1868 e poi dal 1869 all’ottobre del 1871 (interrotto dal breve governo di Cesare De Ilderis), fu travagliato a causa delle frizioni interne e dei contrasti con il vescovo Materozzi. Rinunciò, durante il primo mandato, a portare avanti il suo ruolo di sindaco, “per non patteggiare con coloro che lo attorniavano, di abbietti costumi, di mobili idee, di fiacco volere”. Tornato al governo nel 1868, la sua amministrazione si caratterizzò per lo spirito di carità dimostrato verso i giovani desiderosi di proseguire gli studi, gli artigiani e gli agricoltori, le fanciulle orfane (poi collocate nel Reale Orfanotrofio Maria Cristina di Savoia).

domenica 30 Aprile 2017

(modifica il 28 Giugno 2022, 23:48)

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