Nella giornata internazionale dei diritti della donna – in cui non c’è da festeggiare, ma da riflettere sulla fatica quotidiana di conquistare spazi nella società e contrastare discriminazioni e violenze – la storia di Giovanna Scaraggi, in pensione da una settimana dopo una vita in corsia, è un esempio di forza ed energia da raccontare. Una donna straordinaria nella sua normalità.
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Classe 1954, 67 anni compiuti da un mese, Giovanna Scaraggi è in “quiescenza” dal primo marzo. Ma non smette di fare la ginecologa. Continuerà l’attività libero professionale al fianco della figlia Mada, anche lei ginecologa. «L’ha scelto con ostinazione, nonostante la mia contrarietà. Non volevo che facesse medicina e che si specializzasse in ginecologia. Ma lei mi ha visto come un modello, ha assorbito negli anni la fatica ma anche la passione di questo lavoro».
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Sacrificio e dedizione: i binari su cui scorre la vita di Giovanna. Penultima di sette figli, il papà Peppino bidello e la madre Rosa casalinga. «Una donna dedita alla famiglia, la mamma che tutti vorrebbero avere, piena di premure e generosa», dice. E racconta un aneddoto: «Una volta eravamo a pranzo a casa, papà, mamma, nonna Anna e noi sette figli. Sentimmo sbattere la porta, io avevo otto o nove anni, mi alzai per andare a controllare ed era il vento. Rientrai e mia madre mi chiese: “Chi è?”. Io risposi: “Eolo”. E lei: “Fallo entrare!” La porta sempre aperta, questa era mamma. Papà invece era il senso del dovere fatta persona. Orfano di entrambi i genitori fin da piccolo, cresciuto con i fratelli e affidato a degli zii. Mi diceva sempre “Tu sei la mia fortuna”, perché grazie a me, che ero la sesta figlia, vinse il concorso da bidello. Eravamo molto legati ma c’erano anche conflitti, perché avevo la risposta e la battuta facile, e lui mi dava della maleducata e della spiritosa. Ma mi voleva un gran bene».
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«Mio padre – sottolinea – ci ha inculcato il valore del sacrificio e ha sempre messo lo studio davanti a tutto. Aveva un conto aperto con la libreria Garofalo in via Mercanti, e ogni mese portava 5mila lire per pagare tutti i libri e i vocabolari di noi figli. Con il suo stipendio modesto riuscivamo a tirare avanti a fatica, ma ci ripeteva sempre “Io non vado al cinema, non fumo, non ho vizi, però i miei figli devono andare a scuola».
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Una volta – racconta – ci fu un tentativo di rivolta. «Volevamo una vita più agiata, con la mortadella e il pollo in tavola, mentre a casa si mangiavano soprattutto verdure e legumi. Facemmo una riunione di famiglia, tutti seduti. Papà disse: “Allora, tu andrai a fare il muratore, tu la segretaria, tu la sarta… e porterete i soldi a casa, ma non potrete andare a scuola. Allora, che volete fare? Tutti decidemmo di andare a scuola. “Io non posso andare a rubare, e allora continueremo a mangiare pane duro”. Tutti ci davamo da fare nello studio, sentivamo il peso della responsabilità».
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Franco, il primogenito, è diventato professore di lettere. Suor Concetta, maestra elementare, è l’unica non laureata dei sette fratelli e vive a Trinitapoli. Suor Susanna, laureata in psicologia, infermiera e caposala, superiora della sua comunità, ha messo su una casa per accogliere i parenti dei pazienti ricoverati all’ospedale civico di Palermo. Nicola, venuto a mancare due anni fa, è stato professore e vice preside all’istituto tecnico economico Vitale Giordano. Antonio, medico ematologo al Policlinico, è da poco in pensione. Poi Giovanna, e infine Elvira, scomparsa tragicamente, laureata in Scienze biologiche, docente al tecnico industriale di Bitonto.
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Una famiglia tirata su con grandissimi sacrifici ma altrettante soddisfazioni.
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«Quando si laureò mio fratello Franco – ricorda Giovanna – andò da solo in pullman a Bari perché non c’erano cento lire per il biglietto dell’autobus per mio padre e mia madre. Vivevamo in ristrettezze, ci passavamo gli abiti. Ma eravamo uniti dal sacrificio, dall’onestà, dall’esempio dei nostri genitori. Valori che mi hanno tramesso anche i docenti del liceo: la professoressa Noviello di italiano e latino, la Castro di greco, il professor Saracino di storia e filosofia. I pilastri del nostro classico».
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Quel liceo Sylos di cu suo padre era orgogliosamente bidello e custode. «Lo considerava casa sua. Lavava con la varichina tutto il corridoio, perché voleva le chianche lucide a specchio. Un anno nevicò e spalò tutta la neve dal portone fin giù alla scalinata da solo, perché i colleghi non ne vollero sapere».
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Dopo la maturità classica, Giovanna Scaraggi si iscrive a Medicina a Bari. Al secondo anno di università arriva una crisi profonda. «Volevo cambiare facoltà, volevo fare l’assistente sociale. Mio padre mi chiese perché, ed io: ”Qua si studia soltanto, io voglio andare in corsia a vedere gli ammalati. Allora mi disse: “Vai a Palermo da tua sorella, che lavora in ospedale, così puoi vedere gli ammalati”. Io risposi di sì, pensando che non fosse cosa possibile, per motivi economici e non solo. La mia fu una provocazione, ma mio padre mi prese in parola, e mi trovò un posto dalle suore. Avevo 21 anni, rimasi a Palermo fino alla laurea. Vedevo mia sorella solo una volta a settimana. Sentivo il peso della lontananza, avevo il fidanzato qui». Michele, poi diventato suo marito, andava a trovarla in treno. Bari-Palermo in diciotto ore. Telefonate a gettoni ogni giorno, perché suor Susanna, integerrima, non permetteva a Giovanna di usare il telefono dell’ospedale.
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Poi il ritorno a Bari, la scuola di specializzazione, la scelta “d’istinto” della ginecologia, per amore della vita. Il primo ingresso all’ospedale di Bitonto da specializzanda a 27 anni, con il dottor Mona primario, la laurea ad ottobre del 1979, il matrimonio due anni dopo, l’assunzione in ospedale con concorso a dicembre dell’81. Nel 1989 diventa aiuto primario di Mona, nel 2003 si trasferisce al San Paolo di Bari.
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Una carriera lunga e piena di soddisfazioni, ma anche di momenti difficili, parti complessi, patologie serie. Ha fatto nascere dai 10mila ai 15mila bambini. Ma è stata anche tra le prime ad occuparsi di menopausa e patologie del pavimento pelvico, mettendo su un ambulatorio di Uroginecologia al San Paolo.
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Ricorda le tante dimostrazioni di affetto delle pazienti, i “grazie” dopo il parto. Qualcuna ha anche dato il suo nome alla figlia appena nata. Rivive il pathos di quei momenti, le gioie, le lacrime, le emozioni condivise, le poesie e le canzoni recitate a seconda del nome dato ai neonati, la grande collaborazione con “le tante ostetriche brave su cui ha potuto contare”.
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Accanto al lavoro in ospedale e in studio, una famiglia molto impegnativa: il marito Michele sempre vicino, la prima figlia, Mada, nata nell’85 “con parto spontaneo”, la scelta di adottare. Nel 1993 arriva Alessandro, un mese appena, colombiano di Medelin. Poi Giovanna diventa referente dell’associazione La Dimora per le adozioni internazionali, e grazie a lei arrivano tanti bambini dalla Colombia. Ora è presidente dell’associazione Famiglie Insieme, intitolata alla sorella Elvira.
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Dopo Alessandro, nel 2002 adotta un'altra bambina colombiana: Lidia, ora prossima alla laurea in Scienze politiche internazionali.
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Una vita piena, senza mai risparmiarsi, riempita ora anche da due nipotini meravigliosi: Miriam e Michele.
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A 67 anni Giovanna Scaraggi dice addio all’ospedale ma guarda al futuro, con quel sorriso aperto e gli occhi vivaci che trasmettono simpatia immediata.
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Una vitalità e un’energia positiva che la poetessa Lizia De Leo, sua amica, ha saputo ben esprimere nei versi a lei dedicati, che pubblichiamo.
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"Chissà quanti bimbi
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sono venuti al mondo tra le mani esperte
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della ginecologa Gianna Scaraggi.
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Chissà quante donne di tutte le età
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hanno ricevuto da lei cure e attenzioni…
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Oggi, dopo 40 anni di intensa attività
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il tempo sembra disancorarsi
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da giorni e mesi incasellati nelle corsie del reparto…
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Ed è un tempo nuovo che riprende a brillare
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come un diamante sfaccettato
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in nuovi progetti e nuove fioriture.
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Con un grazie alla vita che riverbera il passato
nin un presente tutto da reiventare…".
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Con un affettuoso augurio
nLizia De Leo.
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Auguriiii Gianna
Auguri!
Un in bocca al lupo alla dottoressa Augurandole un futuro in pensione rilassante, Saluti
Gianna tantissimi auguri per questo tuo traguardo ,voi come famiglia avete lasciato un libro da leggere come grande esempio di quello che si dovrebbe fare nella vita sia come famiglia per primo , sia nel campo lavorativo ,tutto grazie al grande zio Peppino e zia Rosina io come donna oggi ancora non li dimentico perche hanno lasciato un grande impatto nella vita ,auguroni a te !
STUPENDA
Auguri,carissima,sempre sorridente e disponibile….ti auguro ancora tanto bene e di continuare a regalarne tanto,come hai sempre fatto
Auguri. Grazie per la tua testimonianza. Un abbraccio di cuore
bellissimo articolo….esprime il pensiero di quanti ti conoscono, incluso il mio….una donna , mamma, moglie professionista semplicemente straordinaria…un esempio per tutti per lo spirito di sacrificio e la condotta amorevole di tutta la sua vita dedita alla famiglia e alla professione …a te tutta la mia stima????
Donna in gamba ho avuto il piacere di conoscerla quando venne a studiare a palermo.in quel tempo io studiavo per conseguire diploma infermiera professionale presso la scuola ospedale civico, direttrice suor Susanna , sorella di Gianna. Che dire non ci sono parole per potere esprimere le meravigliose qualità di suor Susanna in primis ed anche di Gianna ,che saluto anche se lei non si ricorderà di me.saluto anche suor Susanna con la quale a tutt'oggi abbiamo il piacere di vederci