Attualità

Vito Savino, giudice rivoluzionario

Pasquale Scivittaro
Con un decalogo il nuovo Presidente del Tribunale di Bari tenta di metter ordine a Palazzo di Giustizia
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Da bitontini c’è da essere fieri. Vito Savino, originario della nostra città, da meno di un anno presidente del Tribunale di Bari, agli occhi degli addetti ai lavori, probabilmente, è la persona meno amata che ci sia. Agli occhi della gente comune, invece, è il migliore, uno che ‘merita quel che guadagna’, uno che ’fa filare’. Ecco perché.
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rnDa quando si è insediato, il nuovo presidente ha promulgato un decalogo di regole basilari per combattere confusione nelle aule di tribunale, ritardi di giudici e avvocati, processi lunghi. Le udienze cominciano presto, massimo 9.15. Il limite massimo per i rinvii delle cause antecedenti al 2004 è di 60 giorni. Gli avvocati potranno avvicinarsi massimo due per volta dal giudice per accaparrarsi i fascicoli ed i muri non dovranno mai più esser tappezzati da manifesti sindacali e pubblicità.
rnDetto in questi termini, potrebbe essere una rivoluzione. In realtà, il nostro conterraneo ha voluto mettere nero su bianco le norme per garantire che la lentissima macchina giudiziaria riacquisti un po’ di slancio. E, di certo, per recuperare un po’ di fiducia nella giustizia da parte dei cittadini.
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rn«Sono speranzoso e ottimista, anche se le incrostazioni non mancano», dice Savino, che è stato assistente universitario di Aldo Moro, consulente della commissione parlamentare antimafia insieme al giudice Falcone, magistrato di Cassazione, ed ha avuto un passato politico che dal ’93 al ’95 lo ha portato alla presidenza della Regione Puglia nelle file della Dc.
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rnNei controlli che puntualmente compie di persona, il presidente del Tribunale ha notato che ben 4 giudici su 5 continuano imperterriti a presentarsi in ritardo sul posto di lavoro. Invece, forse per il timore di perdere le cause, gli avvocati sono ligi al dovere e svizzeri nella puntualità.
rn«È tempo di finirla con le chiacchiere, anche i dibattiti sull’indipendenza della magistratura e su altri concetti importanti valgono solo se sono strumentali al servizio che svolgiamo», dice Savino, «Non voglio un approccio impiegatizio alla professione, la differenza tra giudici e impiegati non può essere solo lo stipendio. Il giudice deve sfornare provvedimenti, basta con le lamentele dell’organico risicato. Ci vuole più organizzazione», dichiara.
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rnIl vento del cambiamento spira forte su Palazzo di Giustizia. Chissà, forse tra qualche tempo, ci ritroveremo a santificare i dettami di Vito Savino e le regole ferree del ministro Renato Brunetta capaci di risollevare, rispettivamente, le sorti della giustizia italiana e della pubblica amministrazione.

giovedì 25 Settembre 2008

(modifica il 29 Giugno 2022, 18:57)

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