L'intervista

“Oltre il ghetto”, storie di libertà raccontate da Savino Carbone

Annarita Cariello
Savino Carbone
Il regista bitontino parla del suo web documentario dedicato a cinque racconti di vita sul caporalato e lo sfruttamento in agricoltura
scrivi un commento 75

Da qualche giorno sono disponibili sul sito oltreilghetto.org i cinque reportage vincitori del contest “Oltre il ghetto. Storie di libertà”, sul tema dello sfruttamento lavorativo e del caporalato a danno dei migranti in Puglia, Basilicata, Calabria, Campania e Sicilia.

nn

Lo storytelling realizzato per il concorso – indetto nell’ambito del progetto Su.Pr.Eme. Italia e finanziato con gli AMIF Emergency Funds (AP2019) della Commissione europea DG Migration and Home Affairs – ha poi dato vita ad un web documentario realizzato dalla Cooperativa Camera a Sud e dal Consorzio Nova Onlus., con la regia di Savino Carbone. Il filmaker e documentarista bitontino spiega a BitontoLive la genesi  di queste storie di dolore e di speranza, raccontate in prima persona dagli stessi protagonisti. Cinque racconti dell'anima in cui si rivelano i percorsi di sofferenza che gli immigrati sono costretti a subire per trovare un posto nel mondo del lavoro e nella società.

nn

Trent’anni, laureato in filosofia e specializzato in fotogiornalismo e cinema documentario, Carbone oltre ad aver ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui due premi "Michele Campione" conferiti dall'Ordine dei Giornalisti di Puglia, ha visto i suoi reportage pubblicati su Internazionale, Repubblica e National Geographic.  Nel 2018 ha fondato la Cooperativa Quarantadue, casa di produzione cinematografica dedicata ai documentari, che gli ha permesso l'anno seguente di fare il suo esordio alla regia con "Libertà", patrocinato da Amnesty International e premiato dalla giuria dal 34esimo Festival MIX di Milano, dal 14esimo Festival Internazionale Tulipani di Seta Nera di Roma e come Miglior Documentario a Lavori in Corto di Torino. Il documentario è stato proiettato nei festival di oltre trenta Paesi in tutto il mondo e trasmesso in streaming su Rai Cinema Channel, Filmin, MyMovies, Sky Cinema.

nn

Poi è arrivata la chiamata per il progetto "Oltre il ghetto". «Il mio coinvolgimento nel contest – racconta Savino Carbone – è avvenuto in una fase successiva, quando mi hanno chiesto di curare la regia delle cinque storie vincitrici del concorso, lasciandomi agire in piena indipendenza e libertà creativa, e dandomi indicazioni solo relativamente alla parte tecnica del web documentario».

nn

«Abbiamo girato le scene – spiega – durante la seconda ondata della pandemia, tra marzo e maggio del 2020, toccando diverse zone di Puglia, Basilicata, Campania, Sicilia e Calabria, con tutte le difficoltà legate al momento storico e alle normative anti Covid. Ciò che più mi ha colpito di quei mesi, essendo gli stessi protagonisti delle storie anche attori del documentario, è l'opportunità che mi è stata concessa, di poter toccare con mano e da vicino le esperienze del caporalato e dello sfruttamento agricolo non solo nelle tante realtà pugliesi che già conoscevo, ma anche al di fuori dei confini regionali, là dove avevo sentito, molte volte, accadere fatti di cronaca cruenti e al limite dell'umanità».

nn

Il regista bitontino ha dovuto confrontarsi con le giovani vite travagliate dei cinque protagonisti dei video vincitori: Patience, Ibrahim, Batch, Drissa e le ragazze e i ragazzi di Tam Tam Basket. Storie diverse ma unite da un fattore comune: la voglia di emanciparsi, di fuggire dai Paesi di origine in cerca di un pezzo di felicità, e l'approdo in un labirinto di schiavitù. Una prigione da cui, solo grazie all'impegno di volontari e associazioni del territorio che lottano quotidianamente per donare un briciolo di dignità a chi ha perso tutto, si riesce a scappare per tornare a vivere.

nn

«In questo senso la storia di Ibrahim è significativa perché, dopo essere stato immigrato, è diventato operatore di un'associazione che presta assistenza ai braccianti nei ghetti di Rosarno e Gioia Tauro, mettendosi in prima linea nel fornire aiuto a chi, come lui, non aveva alcuna speranza. O ancora la vicenda degli immigrati di seconda generazione che vivono a Castel Volturno che, ricordiamolo, è una delle aree residenziali a più alto tasso di popolazione straniera. Sono figli di africani arrivati in Italia anni fa, senza soldi e senza diritti, che oggi, grazie a progettualità di inclusione sportiva, possono ambire a competere a livello agonistico. Una storia finita sulle prime pagine dei quotidiani nazionali, per l'importanza che ha lo Ius Soli sportivo nelle vite degli stranieri, e che ha portato alla realizzazione di una norma legiferata in Parlamento, mutuata come “Norma Salva Tam Tam Basket”, che stabilisce che tutti i minori stranieri residenti in Italia e regolarmente iscritti a scuola da almeno un anno devono godere nello sport degli stessi diritti dei loro coetanei italiani», spiega Carbone.

nn

Storie forti, così come i protagonisti che le hanno raccontate e rivissute davanti alla telecamera. È da loro – confessa il filmaker – che è arrivato il feedback più bello, perché più sincero: «Quando ho terminato di girare il documentario ho voluto sapere dai diretti interessati se avessi raccontato le loro storie personali nel modo giusto. È al loro giudizio che tenevo, più che a quello degli spettatori esterni, perché loro avevano affidato a me le proprie vicende più dure e più intime, di un passato pieno di sofferenze e di un presente, e si spera un futuro, dove non sono più soli, perché circondati da volontari e associazioni che combattono, con loro e per loro, lo sfruttamento agricolo».

nn

È un aiuto che non viene sempre concesso a tutti, a prescindere dal contesto sociale di sofferenza in cui si vive. Savino Carbone lo sa bene, e lo sanno anche i protagonisti del suo primo documentario, "Libertà", in cui appunto si mettono a nudo le vicende di due immigrati omosessuali che non hanno mai goduto di alcun aiuto da parte di istituzioni o associazioni, né di alcuna forma d’integrazione sociale. «Si è trattato di un lavoro molto più creativo ma anche più drammatico – ricorda – che seguiva e rispettava la sofferenza dei percorsi di questi ragazzi abbandonati da tutti, anche in un Paese come il nostro, dove la libertà dovrebbe essere sempre salvaguardata».

nn

Il fenomeno migratorio resta il leitmotiv dell’impegno professionale del regista bitontino, che è già al lavoro su un nuovo documentario di medio metraggio sul tema dell'immigrazione nell'Italia di oggi, dove l'accoglienza degli stranieri è diventata una parte fondamentale del tessuto sociale.

nn

«Cosa voglio raccontare, cosa ho imparato dalle storie che ho girato? Che c'è urgenza di attivare in Italia politiche di un certo tipo che amplino la platea dei beneficiari, che puntino davvero a gestire con più efficacia l'incontro tra diverse culture. Forse sarà solo un'altra goccia d'acqua nel deserto, ma io credo che sia importante continuare ad agire, a non rimanere più indifferenti», conclude Savino Carbone.

n

martedì 15 Febbraio 2022

(modifica il 4 Luglio 2022, 17:00)

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti