Cronaca

Adozioni internazionali, il calvario a lieto fine di Salvatore, Lia e Amarsanaa

Danilo Cappiello
Salvatore
La coppia racconta a BitontoLive il lungo e travagliato iter adottivo, dal viaggio in Mongolia fino all'integrazione in Italia
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Ai bambini negli orfanotrofi viene sottratto perfino il nome, fino a farli diventare numeri.

Sanno cosa sia l’abbandono e ne hanno tremendamente paura per tutta la vita. Non sanno cosa sia il mare e che odore abbia. Non sanno come sia fatta una strada, possono solo immaginarla. Razionano lo scarso cibo come merce rara e imparano a difenderlo dai furti. Sono costretti a subire percosse e a restare in silenzio.

Provano a dare un cuore ai pochi giochi che ricevono, custoditi segretamente. Le parole “futuro” e “famiglia” sono solo un sogno.

Ma, più di ogni cosa, i bambini negli orfanotrofi sanno come abbracciare. Ed è proprio da un abbraccio che parte la storia che vi raccontiamo. Una storia di destini da stravolgere, di meraviglia e coraggio. I protagonisti sono Salvatore e Lia, una coppia barese che nove anni fa ha scelto d’intraprendere un’adozione internazionale per dare una famiglia al piccolo Amarsanaa.

Il racconto parte dalla loro visita in Mongolia, nell’orfanotrofio di Ulan Bator: «Il nostro primo abbraccio con Amarsanaa non lo dimenticheremo mai. È stato il ciak da regista che ha dato il via alla nostra nuova vita familiare, dopo anni tribolati fatti di carte e pratiche burocratiche che, unite ai costi economici, talvolta hanno rappresentato un ostacolo quasi insormontabile. Iniziare un percorso come quello dell’adozione è qualcosa che, da fuori, non rende l’idea di quanto complessa possa essere come decisione. Adottare un bambino richiede davvero tanto amore ma anche tanto coraggio. Noi, quando abbiamo saputo che avevamo ricevuto l’ok per andare in Mongolia a conoscere il nostro figlio adottivo, eravamo da un lato al settimo cielo, dall’altro lato preda di mille dubbi: di non essere all’altezza, di non sentirlo come nostro figlio, di essere rifiutati come genitori. Dopo il nostro primo incontro, però, abbiamo sempre più maturato l’idea che i genitori sono quelli che allevano un bambino e se ne prendono cura. Così, tutti i dubbi e le paure si sono dissolte in quel lungo e meraviglioso abbraccio. Quell’abbraccio voleva dire una cosa soltanto: finalmente eravamo una famiglia e finalmente Amarsanaa non avrebbe più vissuto in orfanotrofio».

La vita in orfanotrofio, Salvatore e Lia la descrivono così: «Dopo quello che abbiamo visto, la cosa più naturale che ci è venuta da fare è stato un esame di coscienza. I bambini erano praticamente svestiti, molti di loro erano malnutriti e mal curati e c’erano scarsissime condizioni igieniche. Sono bambini purtroppo condannati ad un destino terribile fin da quando sono in fasce. Non sanno cosa ci sia all’interno della struttura che li ospita. Ad esempio Amarsanaa non sapeva cosa fosse un’auto, perché era uscito dall’orfanotrofio solo due volte in sette anni. Sono bambini che fanno in fretta a diventare adulti, anche perché in struttura sono vittime dei ragazzi più grandi e della loro tirannia. Il loro tempo per cambiare vita ha la durata di diciotto anni. Non appena compiono la maggiore età, infatti, vengono sbattuti fuori dagli istituti e lasciati per strada. Molti di loro d’inverno, non sapendo dove andare, per ripararsi dal freddo dormono nei tombini. Alcuni prendono la via della violenza, altri diventano prede dell’alcolismo. Quando ti vedono, molti di loro quasi ti si gettano ai piedi e ti pregano di portarli via. Ci vuole davvero molta forza per non crollare emotivamente, perché vorresti portarli tutti via con te».

«i primi tempi con Amarsanaa – ricorda la coppiasono stati si belli e carichi di felicità, ma allo stesso tempo complicati per via di un ciclone di abitudini stravolte. Ad esempio, nel primo mese a casa in Italia, Amarsanaa aveva difficoltà ad addormentarsi per l’eccessivo entusiasmo. Per lui era tutto nuovo e bellissimo, come ad esempio stare per ore ad osservare il mare o avere dei giochi tutti suoi. Noi eravamo intimoriti per l’aspetto della comunicazione. Ma, non chiedeteci come, è venuto tutto naturale. Una grossa mano l’ha data la scuola dove, una volta superate le difficoltà iniziali, Amarsanaa ha saputo integrarsi benissimo dal punto sia scolastico sia sociale».

Un’integrazione totale a tutti gli effetti, che fa oggi di Amarsanaa un sedicenne qualsiasi. «Oggi Amarsanaa raccontano i suoi genitori frequenta il secondo anno dell’Istituto tecnico industriale, e molto probabilmente il prossimo anno prenderà l’indirizzo grafico. Non ama studiare a casa, ma non dà grossi problemi a scuola. Ha il suo bel carattere e vive i suoi sedici anni in piena foga adolescenziale. Ha molta cura del proprio corpo, va in palestra e, ora che è chiusa, si mantiene in allenamento a casa o andando a correre. Ma, nonostante sia ben integrato in Italia, non dimentica il proprio passato. Ci sono momenti in cui la paura dell’abbandono prova a farlo preda di sé. Più che normale per chi ha vissuto un’infanzia tanto difficile. Ha comunque la forza necessaria per affrontare quei momenti e superarli, anche grazie al nostro supporto».

Lia e Salvatore, a conclusione della loro testimonianza, ci consegnano un’amara riflessione e un messaggio importante rivolto a tutte le coppie intenzionate ad intraprendere questo percorso: «Ancora oggi continuiamo a chiederci: perché, se ci sono due facce della medaglia che non vedono l’ora di incontrarsi, come la voglia di adottare e il desiderio di trovare una famiglia, ad impedire che ciò avvenga ci sono tempi burocratici lunghissimi e costi pesantissimi? Quella burocrazia ed i costi che l’accompagnano, altro non sono se non la parola fine per molti bambini, nell’avere la speranza di un futuro migliore. Nonostante tutto, però, alle coppie che hanno scelto di intraprendere questo percorso, diciamo di non arrendersi e di non mollare, perché l’adozione è una cosa meravigliosa».

lunedì 23 Novembre 2020

(modifica il 28 Giugno 2022, 14:34)

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Loredana Di pizio
Loredana Di pizio
3 anni fa

Auguri a questa neonata famiglia. Speriamo di abbracciare anche noi presto il nostro bambino in Cina. Lo aspettiamo e ci aspetta da un anno. Un abbraccio a tutte le famiglie che si riescono a formare e a quelle che sono ancora in attesa

Patrizia Galanto
Patrizia Galanto
3 anni fa

Io ho conosciuto Salvatore, per me sempre Salvo, quando da pochi anni aveva finalmente preso con sé quel meraviglioso allora bambino. Lia l'ho conosciuta qualche anno dopo ed ho subito avuto la conferma di quello che, tempo prima, avevo sentito dentro di me nel conoscere Salvo. Due persone meravigliose, con tanto di quell'amore nel cuore da poter donare. L'ho subito visto nei loro occhi e l'ho sentito venir fuori dai loro cuori. E allora mi domando.. Perché si continuano ad avere tempi così lunghi, pratiche così complicate, cifre esorbitanti, per poter donare amore? Tanti bambini ne hanno bisogno e tante belle persone come loro, soffrono nel non avere nessuno a cui donare amore. Spero sempre che qualcosa cambi in questa burocrazia inutile.

Lino Mascitti
Lino Mascitti
3 anni fa

Auguri a questa famiglia. Sarebbe bello che tutte le storie avessero questo lieto fine. Chissà se anche noi dopo questo anno da incubo riusciremo finalmente a partire per la Cina. Se qualcuno può aiutarci mi contatti pure .