Cultura

Bagliori preziosi nell’opera artistica di Giusy Patruno

La Redazione
Il dipinto "L'anima della foglia" di Giusy Patruno
Un dipinto dell'artista, "L'anima della foglia", è in mostra al Torrione Angioino fino al 10 novembre
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Pubblichiamo una recensione, a firma di Pietro Fabris, sull’opera dell’artista Giusy Patruno, in mostra questi giorni al Torrione Angioino con il dipinto “L’anima della foglia“, nell’ambito della manifestazione “Il giorno dei morti per celebrare la vita“, organizzata dall’Associazione culturale ‘El Zottano’ e Gallery-Atelier Casa Mexicana insieme al Comune di Bitonto.

«Ogni Opera d’Arte “Autentica” ha vita propria, anche se è lo specchio dell’artista, nella cui realizzazione proietta la propria esperienza, inquadrandola con originalità creativa.

In tutta la produzione artistica (assemblaggi, fotografie, installazioni, acquerelli) di Giusy Patruno troviamo, esplicita o mimetizzata, l’idea di Speranza che si fa largo nella precarietà dell’esistere. Nei suoi lavori la delusione e l’amarezza è fonte e ricerca di quel bandolo luminoso che si attorciglia in giochi plastici di colore e materiali, ricercati e rielaborati come polline prezioso per piani di osservazione che esaltano l’orma dell’anima palpitante.

Ogni assemblaggio, ogni installazione è un omaggio alla terra madre, grembo di meraviglia e così, nel fotografare la ragnatela, simbolo della trappola e dell’inganno l’artista invita a soffermarsi sulla luce che si posa silenziosa su un filo sottile, quale via di uscita dal tutto uguale, dal seriale che ammazza.

Alla monotonia di una società cannibale che ci condanna e seppellisce, Giusy Patruno preferisce, sperimentando tecniche idonee al suo sentire (con sabbie, tele e creta, rametti di conifere come polveri e petali dono del vento e onde marine), fare lavori, offerta di chiave di volta, seme e anelito di un “umanesimo integrale”, grazie al quale poter interagire con i riflessi e le ombre della creazione, dove ritrovare le proprie oasi ideali.

Il suo tornare alla natura è un vagabondare assetato di purezza, una ricerca della vera essenza tra i sassi ostacolo, e fare di radici e spugne marine dimenticate, conchiglie e gusci vuoti, l’occasione di incontro con la bellezza muta e sacra mimetizzata, per altari della consapevolezza. E ornare luoghi dell’abbandono, del dimenticato, dove in cortecce e brocche è il segno della rinascita dei piccoli, degli invisibili, fonte di tenerezza e rivolti a sfere d’azzurri, oltre pietre preziose: turchesi, zaffiri blu e lapislazzuli della volta celeste che la Patruno sa incastonare magicamente su superfici ruvide e quadrate, favorendo la crisalide sbucare dal bozzolo con ali forti, capaci di uscire dagli schemi dell’ordinario e immergersi nelle stagioni dell’incanto, esaltazione del ritmo,punto di elevazione e distacco dal banale, da una morte quotidiana.

Ovvero composizioni sintonizzate su spazi i cui colori sono evocazione del firmamento-nostalgia, rosso palpito, cielo terso e giallo brillante, i cui riflessi accarezzano ed esaltano i campi spirituali, verdi smeraldo, sui quali la libertà danza e lascia le foglie per volare verso le galassie immense dell’interiorità».

(Pietro Fabris)

venerdì 2 Novembre 2018

(modifica il 28 Giugno 2022, 19:14)

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