Cultura

Amore e poesia nel saggio “rivoluzionario” di Barbara Buttiglione

Roberta Mannarella
La copertina del saggio
L'autrice indaga in modo appassionante la relazione fra tre coppie di poeti inglesi
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Quello di Barbara Buttiglione è un saggio coraggioso. L’accostamento amore e poesia lo è sempre, perché entrambi sono atti di rivoluzione solo apparentemente silenziosa, entrambi allungano la mano verso il bello e l’immortale, pur avendo insite tutte le contraddizioni della bellezza e dell’immortalità.

In “Questo grande amore è il mio vanto”, l’autrice indaga in modo appassionante e appassionato la relazione tra tre coppie di poeti: Percy B. Shelley e Mary Wollstonecraft Godwin, Robert Browning ed Elizabeth Barrett, Ted Hughes e Sylvia Plath. Biografie che sono vere miniere d’oro: da una parte, per gli avvenimenti che hanno costellato fatalmente la vita di questi poeti; dall’altra perché è impossibile trascendere le implicazioni culturali, artistiche e sociali che hanno caratterizzato la letteratura inglese romantica, vittoriana e post-bellica.

Tuttavia, il saggio non lascia traccia della difficoltà della ricerca; piuttosto, ne esalta la complessità in una chiave ‘democratica’, rendendo le pagine della vita e delle relazioni di questi grandi artisti fruibili allo stesso modo, tanto da appassionati e studiosi di letteratura inglese, quanto dai lettori curiosi, che amano essere pungolati da storie belle, non banali.

La scelta di aprire ciascuna relazione con una poesia, o con un estratto di uno scritto dei poeti in esame, contribuisce ad alimentare una dimensione dialogica tra gli amanti, capace di sopravvivere al tempo e alla morte. Ecco quindi che Percy B. Shelley lamenta l’assenza di Mary perché “io non sto bene se tu sei lontana” e lei, di rimando, traccia la consapevolezza amara del distacco di Percy scrivendo “Non c’è alcuna stella a rallegrare questa notte”, quasi una chiosa alla vicenda del malaugurato battello che, inghiottito da un temporale violento, restituirà a sua moglie e al mondo il corpo del giovane poeta.

Le pagine senz’altro più serene della relazione tra Robert Browning ed Elizabeth Barrett si inaugurano con il celeberrimo sonetto di lei, che tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo dedicato se non a qualcuno, certamente a noi stessi: “Se devi amarmi, per null’altro sia se non che per amore”. La risposta appassionata di Browning si traduce nel Bacio: “quanto può durare questa sensazione?”, si domanda il poeta. Eternamente, ci viene naturale rispondere alla fine del viaggio perché, più del mondo, è la Poesia ad averli ospitati, diventando, nelle parole della Barrett, “il luogo in cui più ho vissuto e sono stata felice”.

Tragico, a tratti paralizzante, il destino della coppia di poeti Ted Hughes e Sylvia Plath. Destino che l’autrice del saggio decide di aprire con una Plath allo specchio, donandoci la sua disperata e meravigliosa “Io sono verticale”, testimonianza di un equilibrio precario, che trova pace solo nella scrittura. Di risposta, un estratto da Lettere di Compleanno di Hughes, silenzioso e consapevole, condannato al dramma della fine di lei, che sceglie di infilare la testa nel forno a gas.

Il saggio di Barbara Buttiglione costringe a una riflessione inevitabile, su più fronti. Il primo, forse più etereo ma affascinante, affonda le radici nella natura ispiratrice del sentimento. Abituati come siamo ad associare i periodi di fermento creativo al dolore, all’assenza, al distacco, forse tendiamo a perdere di vista il tributo alla scoperta e alla suggestione, la stessa che ha riunito gli Shelley, Byron e Polidori attorno al camino di Villa Diodati, a scrivere racconti terrificanti.

Il secondo, moderno e inequivocabile, è l’aspetto legato all’essenza vera della relazione affettiva, che alimenta poi anche il rapporto professionale tra le coppie di autori: lo stimolo reciproco.

È Percy Shelley, colpito dall’idea della Creatura che nasce dalla morte, a incoraggiare Mary a perfezionare il suo racconto, che diventerà poi un romanzo gotico di fama eterna, Frankenstein, di cui Percy curerà persino l’editing e la pubblicazione, e per cui scriverà una prefazione ammirata.

Stessa stima che Browning nutre per la sua amata Elizabeth Barrett, ironica nonostante la sua infermità, fervente sostenitrice delle idee femministe, sensibile e appassionata, il cui genio sembra quasi adombrare la fama di lui, che accetta di essere riconosciuto come “il marito della Signora Browning” e che sempre la incoraggerà a varcare i confini di stilemi già esplorati.

Infine Hughes, che legge i componimenti di Sylvia Plath e li perfeziona, assecondando l’ambizione di lei, gioendo dei suoi successi e tentando disperatamente di stare al passo con gli sbalzi di un’emotività disordinata, perennemente irrequieta.

Questo grande amore è il mio vanto è perciò un inno all’Amore di tutti i tempi, ai suoi tratti illogici ma nel profondo consapevoli, alla crescita individuale e condivisa, al desiderio di ricercare la versione migliore di se stessi, di rendere coraggiose le proprie velleità e compiere, anche se solo sotto il nostro sguardo, piccoli miracoli creativi.

Perché se la vita ha un significato, non può che assomigliare a questo.

Nota biografica

RobertanMannarella ha 31 anni. Dopo la laurea in Lingue, conseguita all’Universitàndegli Studi di Bari, trascorre un breve periodo a Bristol e poi a Bruxelles, dovenacquisisce esperienza come traduttrice presso la Direzione Generale della Traduzione della Commissione Europea.

Tornata in Italia, inizia la sua esperienza nell’insegnamento. Lavora nelle scuole paritarie, private e statali, come insegnante ed esperta linguistica.nNell’estate del 2018 consegue la certificazione CELTA a Manchester, che lenpermette, l’anno successivo, di insegnare inglese come lingua straniera anLondra.

Attualmente lavora al CPIA 2 di Bari, dove la sua missione ènaiutare ad imparare l’inglese a chi nella vita ha avuto il coraggio di darsi unanseconda opportunità.

domenica 8 Novembre 2020

(modifica il 28 Giugno 2022, 14:42)

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